Con 15 voti a favore, 14 contrari e due astenuti, il plenum del Csm - presieduto da Fabio Pinelli - ha deliberato il mancato superamento, per valutazione negativa, da parte di Emilio Sirianni, magistrato della sezione lavoro della Corte di Appello di Catanzaro, della VII valutazione di professionalità, con invito al Consiglio giudiziario presso la Corte d'Appello di Catanzaro che aveva dato il via libera, di procedere a rivalutazione.

Il plenum si è spaccato dopo un intenso dibattito che ha toccato temi come la libertà di pensiero delle toghe e le chat. La delibera approvata valuta negativamente il comportamento di Sirianni nella vicenda dell'ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, al quale aveva dato consigli. Sirianni per questo caso è stato prosciolto nell'indagine penale e nel procedimento disciplinare. Nel suo intervento contrario all'avanzamento per assenza dei pre-requisiti di imparzialità e indipendenza, la consigliera laica indicata dalla Lega, Claudia Eccher, ha sottolineato che Sirianni «non solo si schiera apertamente e mostra la sua adesione verso certi convincimenti e la propria contrarietà a determinati indirizzi investigativi e politici in materia di accoglienza, ma pone in essere una serie di condotte attive che esondano completamente dai doveri del magistrato».

«Vediamo dunque - ha proseguito Eccher - che oltre alla consulenza giuridica nei confronti del sindaco Lucano, si attiva per coinvolgere la stampa, elabora comunicati indirizzati al governo ed al ministero dell'Interno, suggerisce risposte ed istanze di accesso agli atti agendo a volte come se fosse un legale del sindaco stesso, altre come se fosse un suo consulente della comunicazione».

Per il consigliere indipendente Roberto Fontana, «la posta in gioco attiene alla valutazione di quello che è stata la magistratura negli ultimi 50 anni» e al suo essere parte nella vita del Paese, e poi «se passa il principio che da una conversazione privata con un amico possano scaturire conseguenze sul piano della valutazione professionale, solo perché ha espresso un giudizio ingeneroso su un collega, non posso non fare presente a questo plenum che già si sta levando molta preoccupazione nella magistratura». Il riferimento è alle considerazioni di Sirianni nei confronti di Nicola Gratteri.

Ad avviso di Marco Bisogni (Unicost), desta stupore «che proprio questo Consiglio si scandalizzi per queste conversazioni» tra Sirianni e Lucano «e che le consideri rilevanti al punto da attenere ai prerequisiti del giudizio di professionalità», Bisogni ha anche ribattuto alla relatrice di maggioranza Isabella Bertolini (FdI) che l'aveva definito «avvocato» di Sirianni chiedendo di «smetterla con la barzelletta dell'avvocato e del pm, stiamo parlando di un collega che sta seguendo con pathos la sua pratica».

Antonello Cosentino (Area) ha sottolineato che nella vicenda Sirianni «non c'è nulla che riguardi il fare il magistrato: c'è solo il comportamento di un cittadino che guarda con favore all'esperienza di Riace».

«Le chat di Palamara, quelle sì che incidevano sull'ordinamento giudiziario, non queste di Sirianni con Lucano, o riteniamo forse - ha domandato Cosentino - che l'impegno politico di un cittadino-magistrato possa ricadere in danno del suo status professionale pur non avendo alcun collegamento con la sua attività professionale?».

Secondo il laico Ernesto Carbone (Italia viva), «c'è una profonda differenza tra chi fa politica attiva e chi esprime le proprie idee, questo è il caso di un giudice che si è messo in contatto con un suo amico indagato (poi condannato a 13 anni in primo grado e a sei mesi in appello, e io mi auguro che Lucano sia assolto in Cassazione) al quale ha dato consigli per difendersi non nel processo ma dal processo».

Per Carbone, se i magistrati vogliono fare politica «hanno una strada precisa da seguire». Ad avviso della consigliera laica Rosanna Natoli (FdI), «non possiamo giustificare Sirianni dicendo che era libero di fare attività politica, altrimenti domani ci troviamo pieni di magistrati che faranno da consulenti ai sindaci senza nemmeno chiedere l'autorizzazione al Csm».

Per Michele Forziati (Unicost), «in un passaggio della motivazione di maggioranza» si può dedurre «che ci sia la volontà di controllo del pensiero del magistrato», e ha invitato a «stare alle carte». Nella delibera di maggioranza su Sirianni, «non c'è nessun fine politico: abbiamo ereditato una pratica, e dobbiamo cambiare registro se vogliamo portare la magistratura ad avere un ruolo importante nel Paese, serve severità», ha replicato Bertolini.