Arianna Meloni indagata, poi le smentite della magistratura. Le polemiche sul caso mediatico con accuse di persecuzioni e di complotti. Ma l’argomento del momento non scalfisce il senso pratico del procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, interpellato nel corso della trasmissione “In Onda”, su La7.
Il Paese, a detta del magistrato calabrese, ha ben altri problemi da affrontare: «Ad oggi si sta parlando del nulla se non si riportano cose concrete».
«Tutto ciò che si dice deve essere dimostrato e documentato», dice Gratteri liquidando le domande di Luca Telese, ribandendo che non commenta mai le indagini fatte da altri (e tantomeno le sue).

«Riforme che rallentano il sistema giudiziario»

Il procuratore non lo dice apertamente ma il senso è chiaro: mentre si perde tempo a discutere del nulla si abbandonano problemi ben più concreti. L’arma di distrazione di massa fa abbassare la guardia su riforme «gravi che rallentano la Giustizia» e che si ripercuoteranno sui cittadini tra due anni. Ma che, soprattutto, «porteranno a un rallentamento del sistema giudiziario che porterà in coda tutti i processo di criminalità comune e sui colletti bianchi – che non si celebreranno perché ci saranno da risolvere prima i processo di mafia e con detenuti. Una confusione che faciliterà le mafie».

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I costi delle intercettazioni

«Il 99% delle riforme fatte dalla Cartabia ad oggi sono inutili, dannose, rallentano la giustizia, non rispondono ai problemi di sicurezza e non tutelano le parti offese».
Già un mese prima di diventare ministro, Nordio aveva affermato che le intercettazioni costano troppo e che si fanno troppe intercettazioni. Il 15 dicembre il dicastero Giustizia approva un listino prezzi che abbatte i costi del 45%. Si tratta di un listino approntato dalla Procura di Catanzaro quando Gratteri era a capo di quell’Ufficio. Un listino adottato da altre Procure e applicato dal Ministero per tutta Italia un mese dopo l’insediamento del governo.
Salvo, poi, a distanza di 30 giorni, affermare, per bocca di Nordio, che le intercettazioni costano troppo.
«E allora perché approvare quel listino prezzi?», dice Gratteri

Il Fondo unico giustizia

Un esempio su tutti. I costi delle intercettazioni, dice Gratteri, corrispondono a 170 milioni di euro all’anno. «Ma in una sola indagine la Procura di Napoli ha sequestrato 280 milioni di bitcoin che sono entrati nel Fondo unico giustizia e, quando la sentenza diventerà definitiva, questi soldi potranno essere spesi. Dunque, con una sola indagine, abbiamo pagato un anno e mezzo di intercettazioni per tutte le Procure di Italia».

Il silenzio su corruzione e concussione

E se il ministro assicura che non verranno toccate le intercettazioni che riguardano mafia e terrorismo, allo stesso tempo non dice nulla «su corruzione e concussione che sono reati che stanno gomito a gomito con certa politica e con certa mafia». E su questi temi che il procuratore chiede a gran voce a Nordio di sapere «se intende farci utilizzare i trojan e le intercettazioni ambientali».
Allo stesso modo, non essendo previsto l’arresto in flagranza per il reato di corruzione, non è possibile utilizzare le intercettazioni di un’inchiesta che si occupa di altro ma che svela una corruzione.

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«Approvato il disegno di Forza Italia»

Questi i temi che, secondo Gratteri, affosseranno il Paese. Altro che complotti e complottini.
«Io non mi aspettavo questo tipo di riforme – dice Gratteri –. È chiaro che al governo ci sono tre forze principali, ognuna con una priorità su determinati temi. Sul tema della Giustizia prevale l’ideologia di approvare il progetto, i disegni di Forza Italia. È chiaro che si stanno facendo modifiche che non sono un mistero. Sono cose che hanno sempre detto da tanti anni».

Da governo Prodi in poi, tutte le modifiche che hanno reso innocuo l’abuso d’ufficio

«Prima che l’abuso d’ufficio venisse abrogato è stato modificato tre volte. La prima riforma è avvenuta durante il governo Prodi che ha abbassato la pena edittale a quattro anni per impedire che si potesse intercettare per il reato di abuso d’ufficio. Quindi, già da allora, il reato è stato già depotenziato. È stato modificato tante di quelle volte da renderlo quasi innocuo. Comunque sia, 4000 condanne ci sono state dal 1997 al 2022». E non è tecnicamente corretto dire che il 95% degli indagato sono stati assolti.
Perché in questo 95%, spiega il magistrato, sono ricompresi coloro che sono stati indagati, magari anche senza saperlo, in seguito a una denuncia e il cui fascicolo è stato archiviato, su richiesta delle stesse Procure per insussistenza delle prove. Dunque il dato è fuorviante.

La falsa paura della firma e «il potere che non vuole essere controllato»

Così come è falsa l’ipotesi della cosiddetta paura della firma. Ovvero la paura di incorrere in un errore, e quindi essere implicati in un reato di abuso d’ufficio, che spingerebbe tanti amministratori a non approvare atti pubblici.
Ma anche questo è un falso problema perché il primo cittadino ha a chi rivolgersi per non incappare in errori: dal segretario comunale ai prefetti e vice prefetti.
«La verità – conclude Gratteri – è che, in genere, il potere non vuole essere controllato. Il manovratore non vuole essere disturbato»