Il bambino è morto durante un naufragio a febbraio, insieme al padre, ancora disperso, e ad altre 16 persone. Le indagini della Procura di Lamezia e del Commissariato hanno permesso di rintracciare la madre in Tunisia: ora si lavora per consentire il rientro della salma a casa
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Il grande cimitero-Mediterraneo comincia a restituire i resti dei disperati che ha inghiottito, vittime di una politica senza accoglienza, respinti dalle proprie terre, dalla miseria, dalla guerra e infine dai paletti di una Europa sorda al più grande grido di aiuto della Storia, proveniente dalle sponde opposte. Le tragedie riaffiorano e i pescatori del Sud si stanno trasformando in vedette di cadaveri.
Anàs aveva sei anni. Suo padre l’aveva portato con sé dalla Tunisia nella speranza di raggiungere la Sardegna. Ma di loro, e di tutti e 18 i passeggeri dell’ennesima imbarcazione della speranza, non si è saputo più nulla dal cinque/sei febbraio scorso. Poi, il 14 aprile, il mare ha restituito. E non solo in Calabria: come si scoprirà in seguito, un altro sventurato era stato ripescato in Sicilia. Il grande cimitero restituisce corpi straziati, appartenuti a vite che hanno inseguito il riscatto e hanno perso.
Il corpo del bimbo recuperato da un pescatore
Ad avvistare i poveri resti del corpicino di Anàs, sballottati sulle onde al largo del Golfo di Sant’Eufemia, di fronte alla zona industriale ex Sir di Lamezia Terme, è stato un pescatore. Una scena agghiacciante e drammatica si è manifestata agli occhi dell'uomo perché di quella piccola anima erano rimaste, a due mesi dal naufragio, solo le gambette e il bacino.
Il pescatore ha avvertito la Guardia Costiera di Vibo Valentia che ha recuperato il corpo. Subito dopo sono scattate le indagini coordinate dalla Procura di Lamezia Terme, guidata da Salvatore Curcio.
Immediatamente si è sospettato che potesse trattarsi del corpo di un bambino, dell’apparente età di 6/8 anni, di origine extracomunitaria, annegato durante uno dei tanti viaggi della speranza, attraverso i quali dalle coste del Nord Africa, a bordo di imbarcazioni a volte precarie, persone in cerca di un futuro migliore, tentano disperatamente di raggiungere le coste dell’Italia.
I poveri resti del bambino sono stati affidati al medico legale che ha eseguito l’autopsia e ha estratto il Dna per eventuali comparazioni. E' stata la misura del piedino superstite, appena 15 centimetri, a far ipotizzare l'età del bambino tra i 6 e gli 8 anni.
Le indagini
L’attività info-investigativa condotta dal personale del Commissariato di Lamezia, diretto da Antonio Turi, si è concentrata preliminarmente sull’analisi delle segnalazioni provenienti da altri uffici di polizia, relative a sbarchi avvenuti sulle coste meridionali del territorio nazionale o a rinvenimenti in mare di soggetti deceduti, oltre a prevedere un’attenta ricognizione di informazioni attinenti al particolare fenomeno, rilevabili dalle cosiddette fonti aperte.
Il 24 maggio è stato diffuso un comunicato stampa nel quale si dava notizia del ritrovamento del corpo del bambino. Una strategia fruttuosa visto che i primi di giugno si è fatta viva una donna vicina all’associazione Memoria Mediterranea, che ha contattato gli uffici del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme ed ha fornito ai poliziotti impegnati nelle indagini informazioni relative al naufragio di un gommone, avvenuto fra il 5 ed il 6 febbraio scorso, con a bordo 18 migranti, partiti da Bizerte (Tunisia) e diretti in Sardegna, dove non sono mai giunti.
Nel corso delle indagini è emerso che i familiari delle 18 vittime, tutte disperse, consapevoli del verosimile tragico epilogo del viaggio dei loro familiari, si erano premuniti di trasmettere, alle autorità consolari tunisine, l’elenco dei 18 migranti, completo dei rispettivi profili genetici, da utilizzare per la comparazione finalizzata all’identificazione, nel caso in cui i corpi fossero stati recuperati.
Verso il rientro a casa
La Procura della Repubblica di Lamezia Terme ha avviato il necessario coordinamento investigativo con la Procura della Repubblica di Messina, nel cui territorio risulta essere stato rinvenuto un ulteriore cadavere, ascrivibile al medesimo naufragio.
Gli approfondimenti investigativi della Polizia di Stato consentivano di rintracciare una donna che aveva perso, nel naufragio del 5/6 febbraio, il marito ed il figlio di 6 anni.
Immediate interlocuzioni con le autorità consolari tunisine di Napoli hanno consentito di ottenere il profilo genetico della donna che si ipotizzava potesse essere la madre del bambino rinvenuto dall’equipaggio della Guardia Costiera di Vibo Valentia il 14 aprile scorso.
La conferma alle risultanze investigative raccolte dai poliziotti del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme è venuta dalla comparazione del profilo genetico estrapolato dai resti del corpo del bambino rinvenuto in mare, nell’ambito di consulenza medico legale disposta dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, con quello fornito dal Consolato tunisino di Napoli, a seguito della quale i resti del bimbo recuperati in mare sono risultati essere quelli del bambino di 6 anni, partito con il suo papà, nel vano e disperato tentativo di per raggiungere le coste della Sardegna.
Il bambino si chiamava Anàs. Il suo papà risulta ancora disperso. Attualmente è in corso la trattativa con l'autorità Tunisina per riportare il corpo di Anàs alla sua mamma. Al momento è in corso un’indagine contro ignoti per violazione delle disposizioni contro l’immigrazione clandestina.