Se fosse una normale azienda avrebbe già chiuso i battenti da un pezzo, ma quella sanitaria provinciale di Cosenza non lo è. Ora, però, dovrà spiegare alla Corte dei conti, carte alla mano, come viene impiegato il fiume di denaro pubblico che passa dalle sue casse; soldi che servirebbero a tutelare la salute dei cittadini, ma sembrano perdersi in mille rivoli di sprechi e spese dubbie.

Le 29 pagine di richieste di chiarimenti che il magistrato istruttore Bruno Lomazzi ha inviato al direttore generale e al presidente del collegio sindacale dell'Asp bruzia – nonché, per conoscenza, alla presidente della Giunta regionale, al commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro e al direttore del Dipartimento salute della Regione – sono un lungo j'accuse zeppo di numeri, quasi sempre negativi o privi di una giustificazione ufficiale. E, come denunciava ieri il consigliere regionale Carlo Guccione, nel palazzone di via Alimena hanno poche settimane di tempo per fornire ai giudici contabili una motivazione plausibile a quelle cifre.

Decine di milioni di perdite ogni anno, ma i costi aumentano

La richiesta istruttoria spedita da Lomazzi riguarda i bilanci del 2016 e del 2017 – entrambi approvati con estremi ritardi, in violazione delle norme in materia, e nonostante il parere negativo del collegio sindacale - ma non mancano gli accenni agli anni precedenti e quelli successivi. Quello che ne viene fuori è un quadro a tinte fosche.

All'Asp le perdite di esercizio per decine di milioni di euro sono ormai una costante: 34,8 milioni nel 2013; 27,26 nel 2014; 30,37 nel 2015; 40,2 nel 2016 (+32% rispetto all'anno prima); 39,97 nel 2017. Quanto al 2018, il bilancio consuntivo non è stato ancora approvato, ma dai dati in suo possesso la Corte evince un trend in peggioramento, ben lontano dagli obiettivi di equilibrio economico finanziario. «Il risultato di esercizio del quarto trimestre 2018 – scrive il magistrato – risulterebbe pari a -57,5 milioni in peggioramento del 44% rispetto al 2017, mentre nel terzo semestre 2019 risulterebbe pari a -53,78 milioni».

Per questo motivo l'Azienda dovrà comunicare il risultato del consuntivo 2018 e dell'ultimo trimestre del 2019, fornendo anche – dopo aver individuato le cause del disavanzo – una dettagliata relazione sulle misure correttive che ha intrapreso o intende intraprendere per invertire la rotta e raggiungere gli obiettivi fissati dal piano di rientro. Ma le toccherà anche, insieme alla Regione, illustrare come verranno ripianate le perdite.

Bisognerà inoltre che l'Asp spieghi come mai i valori della produzione crescano negli anni dell'1%, mentre l'aumento dei costi in percentuale è pari al triplo.

I ricavi hanno un andamento altalenante: si riducono nel complesso del 7% tra il 2015 e il 2016 (addirittura del 39%, per quanto riguarda quelli per prestazioni sanitarie e sociosanitarie a rilevanza sanitaria) salvo aumentare dell'8% un anno dopo. Alcuni costi fanno registrare aumenti ancora più evidenti: quelli dei materiali da guardaroba, di pulizia e di convivenza in genere salgono del 53%; quelli per supporti informatici e cancelleria dell'8%; le utenze elettricità del 9%; quelli per non meglio specificati (e la Corte vuol sapere quali siano) del 37%.

C'è poi una macrovoce “Godimento dei beni dei terzi” nella quale figura un aumento – quello per canoni noleggio area non sanitaria – tra il 2016 e il 2017 del 378%. Si passa da 170mila a 813mila euro. E non va meglio con i canoni di leasing dell'area sanitaria, che erano 123mila euro circa del 2015 e oltre 520mila dodici mesi dopo. Quanto al 2017, l'Asp non ha comunicato alcun importo e la Corte dei conti vuole capire perché.

I dubbi sulla spesa farmaceutica e gli affidamenti illegittimi di incarichi a esterni

Ancora più misteriosa la questione della spesa farmaceutica, pur registrando una riduzione tra il 2015 e il 2017. In questo caso ha avuto un peso il passaggio da alcuni farmaci usati in precedenza ad altri "innovativi". Ma Lomazzi vuol sapere se questi ultimi siano stati proposti da una commissione scientifica o da uno studio che ne abbia dimostrato la necessità. Così come se ci siano stati o meno conflitti di interesse tra le unità che ne hanno deciso l'acquisto e, infine, chi sia stato ad ordinarli. Tutti dati che l'Asp finora non ha fornito.

Il magistrato, poi, prefigura l'ipotesi di illeciti disciplinari e responsabilità erariali nell'affidamento di incarichi a professionisti esterni. La legge prevede, infatti, che la spesa per questi ultimi debba essere, al massimo, pari al 50% di quella sostenuta nel 2009 per le stesse finalità.

Ma la percentuale è stata ampiamente sforata sia nel 2016 (82,85%) che nel 2017 (76,50%). Non solo: secondo la relazione del collegio sindacale sul consuntivo 2017 quegli affidamenti sono arrivati senza procedure comparative per la scelta dei professionisti né verifiche interne sull'eventuale presenza di professionalità interne in grado di svolgere quegli incarichi.

Quanti sono gli esterni di cui si è servita l'Asp? Ci sono state verifiche sull'effettiva economicità, efficacia ed efficienza delle prestazioni rese? Per quali ragioni non è stato utilizzato personale dell''ente? Quali sono i dati del 2018 e del 2019 sugli affidamenti? Gli atti illegittimi sono stati revocati in autotutela per evitare danni erariali? Tutte domande alle quali la Corte dei conti pretende risposte.

Oltre mezzo miliardo di debiti, che potrebbero raddoppiare in tribunale

Il peggio deve ancora venire. Ci sono quasi 541 milioni di euro di debiti – calcolati fino al 31 dicembre 2017 – nei bilanci dell'Azienda sanitaria provinciale, oltre 372 dei quali verso fornitori. Circa 131, invece, si trascinano in bilancio da prima del 2013, un dato che vuol dire due cose. La prima è che continuano ad aumentare gli interessi da pagare (quelli per le fatture saldate in ritardo ai fornitori sfiorano i 5,5 milioni di euro), la seconda che l'Asp ha serie difficoltà a far fronte alle proprie obbligazioni. E così continua ricorrere ad anticipazioni di tesoreria, manifestando una strutturale crisi di liquidità. Certo, ci sono anche crediti per centinaia di milioni di euro. Ma molti sono così datati che non è sicuro che siano ancora esigibili né si ha traccia di azioni intraprese dall'Asp per interrompere la decorrenza della prescrizione, nonostante si continui a iscriverli a bilancio. Per la Corte dei conti, la conclusione è questa: o si adottano correttivi al più presto o si avrà un irreversibile squilibrio finanziario, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'appropriatezza dei servizi resi.

L'Asp, tra l'altro, effettua pagamanenti senza rispettare l'ordine cronologico e, soprattutto, senza che sia chiaro a che titolo versi le somme. I revisori lo hanno attestato già da tempo, evidenziando il rischio che venga remunerato «più di una volta lo stesso importo per il medesimo debito».

Il conto del deficit non tiene conto, peraltro, del contenzioso pendente. Una cifra monstre: solo per il 2017 si parla di 282 milioni di euro, considerando soltanto 55 delle 120 cause in corso. E tralasciando pure le sentenze esecutive, che tra atti transattivi e commissari ad acta costeranno altri nove milioni circa. Al 21 febbraio di quest'anno il volume delle controversie, riferito solo alla quota capitale, è di quasi 522 milioni di euro. Il 70% sono ancora aperte e non si sa nemmeno quale sia la percentuale di soccombenza o quanto possano costare – tra quota capitale, interessi e spese legali – altre 460 vertenze. Eppure il fondo rischi di anno in anno si aggira sempre intorno ai 25 milioni di euro, una somma del tutto inadeguata secondo la Corte dei conti.

Anticipazioni di cassa e proroghe: le eccezioni diventano regole, a spese dei cittadini

Ma torniamo alle anticipazioni di cassa: dovrebbero essere un'eccezione, ma a via Alimena sono ormai la regola. E questo comporta ulteriori perdite d'esercizio, perché il ricorso alle anticipazioni si accompagna ad interessi (cresciuti del 46% tra il 2016 e il 2017) e spese di commissione (passate nello stesso periodo da 2,8 a 6,3 milioni, un aumento del 122%). Al 31 dicembre dello scorso anno i primi erano quasi 3,9 milioni di euro, le seconde oltre 6 milioni.

Il contratto con la Bnl, l'istituto che si occupa del servizio, tra l'altro è scaduto dal 2018 e non può essere prorogato oltre il 30 giugno di quest'anno. Servirebbe al più presto una gara e serve anche capire quanti soldi siano ancora da restituire alla banca. Non si tratta dell'unica proroga tra l'altro, ce ne sono diverse in corso. Sembra, insomma, che quelle che dovrebbero essere un caso eccezionale siano diventate il rimedio ordinario per sopperire a ritardi e disfunzioni organizzative. E questo potrebbe generare altre «illegittimità e danni erariali, oltre che determinare la violazione dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza e trasparenza».

D'altra parte a via Alimena non sembrano rispettare troppo nemmeno il principio di rotazione. Sono decine gli acquisti sotto soglia – tra defibrillatori, carrozzelle, arredamenti per ambulatori, barelle, letti per terapia intensiva – in contrasto con le norme nazionali e con le disposizioni dell'Anac. Anche per questo entro poche settimane l'Asp dovrà fornire una spiegazione alla Corte dei conti, accompagnandola – si spera – a quel bilancio 2018 che doveva essere pronto già tredici mesi fa. Sempre che qualcuno trovi il coraggio di firmarlo.