Il dato emerge dalla relazione della Procura della Corte dei Conti. Doppi pagamenti, indennità distribuite a pioggia ai dipendenti e cessioni di credito con lievitazione di costi per oltre 6 milioni (ASCOLTA L'AUDIO)
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L'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e quella di Cosenza da sole hanno prodotto un presunto danno erariale pari ad oltre 26 milioni e mezzo di euro. È ciò che si evince dalla relazione del procuratore generale della Corte dei Conti, Romeo Ermenegildo Palma, che ha illustrato gli esiti delle attività istruttorie svolte nel corso del 2022 durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario.
Danni erariali per 117 milioni
Complessivamente, lo scorso anno la Corte dei Conti ha promosso azioni di responsabilità contabile per un valore di 117 milioni e mezzo di euro, alcune delle quali riconducibili a danni erariali che si radicano nel settore sanitario. A titolo d'esempio, la Procura ha citato a giudizio 11 dirigenti ed amministratori dell'Asp di Reggio Calabria e una struttura convenzionata contestando un danno erariale di 4 milioni di euro.
Doppi pagamenti a Reggio Calabria
I giudici contabili hanno ritenuto illegittimo un accordo transattivo che duplicherebbe indebiti pagamenti in favore della società privata la quale avrebbe dichiarato falsamente di «non aver mai ricevuto le somme neanche parzialmente» e che queste «non sarebbero state oggetto di cessioni di credito». Al contrario, secondo quanto accertato dalla Procura della Corte dei Conti la società «aveva avuti liquidati dall'Asp gli importi inseriti in transazione e, nel contempo, aveva operato decine di cessioni degli stessi crediti a varie società di factoring, esperendo numerosi ricorsi per decreti ingiuntivi nei confronti dell'Asp di Locri per ottenere il pagamento forzato delle somme».
Erogazione di indennità a pioggia
Altri otto dirigenti dell'Asp di Reggio Calabria sono poi stati citati a giudizio per un presunto danno erariale di oltre 15 milioni e mezzo di euro per aver erogato illegittimamente indennità di risultato e di produttività a favore del personale dirigenziale e non dirigenziale. Secondo la Procura, l'attribuzione delle somme per il raggiungimento dei target di produttività sarebbe avvenuta in assenza di alcuna verifica, le indennità non sarebbero state nemmeno sottoposte alla valutazione dell'Oiv, sarebbero state corrisposte indistintamente a tutti e gli organi preposti alla verifica non si sono mai riuniti.
Cessione di crediti a Cosenza
Ammonta a quasi sette milioni di euro, invece, il danno erariale contestato a quattro dirigenti dell'Asp di Cosenza accusati della mancata esecuzione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Secondo quanto ricostruito dalla Procura della Corte dei Conti, il Tribunale di Cosenza ha emesso tre decreti ingiuntivi nei confronti dell'Asp per crediti vantati da una banca, titolare di crediti ceduti e divenuti esecutivi in assenza di alcuna opposizione da parte dell'ente. A seguito della «perdurante inerzia dell'Asp» è stato nominato un commissario ad acta che accertato il reale importo: 6.909.981 euro, di cui 6.725.162 per interessi moratori, 182.424 euro di spese legali.
Frodi comunitarie
Un capitolo a parte è dedicato poi alle frodi comunitarie. Alcune ipotesi di danno erariale hanno riguardato l'accesso alle contribuzioni agricole sulla base di false dichiarazioni per un danno complessivo di un milione di euro. E, infine, tra le citazioni a giudizio cristallizzate nella relazione spunta quella di quasi 30 milioni di euro nei confronti di una società in house partecipata da diversi comuni del crotonese che gestiva il servizio idrico integrato, poi dichiarata fallita. Responsabili sono stati ritenuti gli amministratori della società perché avrebbero condotto ad «un grave e progressivo peggioramento della situazione economico-patrimoniale» fino alla dichiarazione di fallimento.
Il crack di Crotone
L'attività istruttoria avrebbe fatto emergere «una situazione contabile non chiara». Bilanci non pubblicati, alcuni contenenti voci non veritiere e «tali da falsare il risultato d'esercizio e lo stesso stato patrimoniale». Accertata «la confusione in alcune poste contabili fondate su mere stime e prive di documentazioni». Una circostanza che secondo la Procura «evidenzia che già prima della dichiarazione di fallimento e prima dell'accesso dei curatori alla contabilità non fosse possibile accertare lo stato di insolvenza della società, né il reale stato patrimoniale ed economico».