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Eccolo qua l'onore della ‘ndrangheta. Ecco la tradizione e il rispetto. Eccolo in tutto il suo magnificente olezzo di morte. Si, perché la 13enne violentata dal branco, la cui guida secondo gli inquirenti era affidata al rampollo della famiglia Iamonte, è stata annientata. Uccisa nel rispetto per se stessa, uccisa nella sua integrità psicologica, nel suo modo di ragionare, nella sua possibilità di fidarsi nuovamente del genere umano, per non parlare di quello maschile. L'hanno sottoposta per due anni a un gioco psicologico sottile e tremendo, forgiato nelle profondità dell'inferno: un gioco forse ancor più violento degli atti parasessuali che contro la bambina venivano perpetrati. La ricattavano con foto e video fatti col cellulare mentre, in gruppo, abusavano di lei.
13enne violentata a Reggio: tra gli arrestati anche il figlio del boss Iamonte NOMI-FOTO
Oggi il procuratore Federico Cafiero De Raho ha sostenuto, in conferenza stampa, che una cosa del genere poteva accadere solo nel nostro territorio. Non è così.
Non soltanto perché la violenza contro le donne, anche quella di un gruppo protetto in modo omertoso, è diffusa su tutto il pianeta, ma perché con la violenza di genere l'episodio di Melito ha a che vedere soltanto in via residuale: la pessima considerazione per le donne è una "causa seconda".
Alla base del gesto – anzi dei gesti - che Giovanni Iamonte e i suoi sodali avrebbero commesso, non c'è infatti soltanto il disprezzo per la donna, ma quello per il genere umano. Non si tratta di soddisfare il piacere, ma la sete di dominio, di prevaricazione e di possesso sull'altro.
Il pane quotidiano della ndrangheta, insomma.
La cosa che sconvolge di più, infatti, è l'improvvisa consapevolezza del fatto che siamo riusciti a consentire ai mafiosi di diventare dei padroncini feudali, dediti alla prevaricazione del suddito per riaffermare la propria signoria non solo sulla terra e sui soldi, ma anche sulle nostre stesse vite, sulle nostre stesse figlie.
Al ventre senza fondo della ndrangheta non basta più il potere sulle nostre attività, sui nostri fiumi, sui nostri mari, sulla nostra vita: adesso, stufa di simili banalità, vogliono anche la nostra carne, le nostre persone, per poter marchiarle con il loro emblema di oscurità.