VIDEO | La situazione già critica durante il resto dell’anno diventa drammatica in estate con l’aumento vertiginoso delle presenze sul territorio. Nessuno può fruire del meritato riposo. I camici bianchi: «O stringiamo i denti o deponiamo le armi» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«O stringiamo i denti o deponiamo le armi». È il canto del cigno della centrale operativa del 118 di Catanzaro, giunta ormai allo stremo dopo anni di servizio svolto tra mille difficoltà. Se infatti qualche anno fa la responsabilità dello “smantellamento” del servizio poteva essere imputata alla commissione prefettizia – insediata ai vertici dell’Asp di Catanzaro dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose – rea di aver assunto decisioni impopolari come il decurtamento dell’indennità dei medici convenzionati, adesso invece è tutta politica. Da quasi un anno alla guida dell’ente vi è un commissario straordinario, Ilario Lazzaro, confermato nel suo incarico a gennaio dal commissario ad acta, Roberto Occhiuto, ma la situazione stenta a migliorare, anzi.
Ferie bocciate
Probabilmente, quest’anno verrà ricordato come il peggiore per il servizio di prima emergenza nella provincia di Catanzaro. Intanto, gli operatori della centrale non potranno beneficiare del giusto riposo estivo a causa della carenza di personale che ha condotto alla bocciatura del piano ferie. Dopo due anni di emergenza e di turni estremamente stressanti e logoranti, gli operatori della centrale operativa dovranno fare il tris turandosi il naso dinnanzi ad un’altra estate sfibrante.
Solo 12 sanitari
All’attivo risultano solo 12 operatori distribuiti nei tre turni di servizio per una centrale regionale che oltre a rispondere alle chiamate d’emergenza sul territorio provinciale gestisce le quattro basi dell’elisoccorso e l’organizzazione degli interventi primari e secondari. In piena estate con l’aumento della popolazione e contestualmente anche del rischio tutto si complica. «A volte la gente chiama e non risponde nessuno» ci viene spiegato. Le ambulanze del 118 vengono utilizzate per i più disparati servizi: dalla prima emergenza al trasporto del paziente covid, dai trasferimenti da un ospedale ad un altro fino ai viaggi dei dializzati, dopo la sospensione delle attività delle associazioni private.
Il racconto degli operatori
«Siamo veramente alla fine» racconta un operatore stremato. «Spesso siamo anche costretti a dire di portare i pazienti in macchina al pronto soccorso perché non possiamo inviare i mezzi di soccorso. Per noi è una sconfitta perché abbiamo sempre lavorato con responsabilità ma non possiamo fare altrimenti». E non versano in condizioni migliori le postazioni territoriali d’emergenza, sentinelle di primo intervento in un territorio complesso per orografia e distribuzione dell’assistenza sanitaria.
Tre anni di agonia
Da tre anni risultano completamente demedicalizzate tre postazioni su quattordici (Maida, Sersale, Tiriolo) ma nei fatti sono molte di più. «Nella giornata di ieri ad esempio è capitato che contemporaneamente e nello stesso turno tutte le postazioni del comprensorio lametino fossero prive del medico» racconta l’ex sindaco di Maida e attuale consigliere comunale. «Demedicalizzate la postazione di Maida, di Falerna, di Lamezia Terme e di Soveria Mannelli. Questo chiaramente vuol dire non disporre di professionisti nei casi di emergenza in tutto il comprensorio».
Fuga dall'emergenza
Ad una prima fuga dei medici convenzionati, determinata dalla decurtazione dell’indennità, è seguita infatti una più copiosa emorragia: «Stiamo perdendo medici per stress e stanchezza» racconta un camice bianco che ancora tiene duro. Chi può, sceglie la via della fuga a causa di turni di lavoro stressanti mentre quella della prima emergenza sarebbe un’attività da svolgere con serenità e lucidità.
Al contrario, vi sono impiegati pochi medici, stanchi e stressati oltre che demotivati per via del misero stipendio. Basta dare un’occhiata al piano turni previsto dall’Asp per il mese di luglio per rendersi conto del disastro. Nella postazione di Chiaravalle ben 37 turni sono demedicalizzati, 22 a Girifalco, 33 a Taverna, 17 a Falerna e via di seguito. «In due anni – conferma un altro camice bianco – abbiamo perso ben 30 medici».