I tentacoli dei clan anche all’interno del Tribunale di Vibo Valentia. Le motivazioni della sentenza in abbreviato del processo Rinascita Scott danno conto anche di questo avendo un’imputata  – Carmela Cariello – riportato condanna a 4 anni e 6 mesi per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa che sarebbe stato consumato nell’esercizio delle sue funzioni di impiegata del Tribunale di Vibo Valentia, sezione Lavoro e Previdenza.

Pur avendo avuto in passato il Tribunale di Vibo Valentia giudici e procuratori condannati (in via definitiva), rispettivamente, per corruzione in atti giudiziari e peculato, mentre altri magistrati sono stati trasferiti per incompatibilità ambientale in quanto stretti congiunti sono rimasti condannati (al momento in primo grado) nell’ambito di inchieste antidroga, mai si era arrivati ad avere impiegati del palazzo di giustizia accusati di aver agevolato clan di ‘ndrangheta.

Il gup distrettuale di Catanzaro, Claudio Paris, è chiaro sul punto e nelle motivazioni spiega che «è fuor di dubbio come per una cosca di ‘ndrangheta avere a disposizione una risorsa proprio all’interno di un’istituzione come il Tribunale del territorio in cui è radicata (al limite anche soltanto per accelerare le pratiche di suo specifico interesse) riveste un’effettiva rilevanza causale ai fini del suo rafforzamento, senza potersi minimamente sostenere che l’imputata non fosse in grado di rappresentarselo»La cosca in questione è il clan Lo Bianco di Vibo Valentia, «a cui appartiene il marito Puntoriero Vincenzo – scrive il gup in sentenza – come tale imputato in questo procedimento per il quale si procede con rito ordinario», ed il reato di concorso esterno in associazione mafiosa sarebbe stato commesso da Carmela Cariello attraverso una serie di condotte «poste in essere grazie alla sua qualifica di operatrice presso la Sezione Lavoro e Previdenza del Tribunale di Vibo Valentia». Il giudice, quindi, ne afferma la penale responsabilità per il concorso esterno in associazione mafiosa, mentre la manda assolta dalla contestazione corruttiva. La Dda di Catanzaro aveva chiesto nei suoi confronti la condanna a 7 anni e 6 mesi di reclusione (con sconto di pena di un terzo per la scelta del rito abbreviato).

Bartolomeo Arena credibile

Per arrivare alla condanna di Carmela Cariello, il giudice ha valorizzato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, rese in uno dei suoi primi interrogatori (5 novembre 2019). «Riconosco in foto Vincenzo Pontoriero o Puntoriero. Non lo conosco come ‘ndranghetista ma è proveniente da Rosarno – ha dichiarato Arena – ed ha parentele eccellenti in quanto è imparentato con i Bellocco. È sempre stato legato ai Lo Bianco, in particolare con Mimmo, fratello di Paolino, con il quale commettevano piccoli illeciti nel campo delle truffe. Il fratello Mimmo Puntoriero è molto più addentrato nella ‘ndrangheta ma opera al Nord Italia, dove è stato arrestato per traffici illeciti vari con famiglie di peso della ‘ndrangheta. So che la sua famiglia fa riferimento ai Bellocco di Rosarno. Vincenzo Puntoriero non ha mai avuto grande peso criminale e vive grazie agli esercizi commerciali che conduce. Si diceva che fosse sotto usura dei Lo Bianco. La moglie di Vincenzo lavora in Tribunale e si poneva a disposizione dei sodali per accelerare le pratiche o per avere notizie sulle cause in maniera informale. Ricordo che una volta mi sono rivolto al figlio e gli ho chiesto se si poteva avere notizie sull’esito di una omologa relativa ad una pensione. Quest’ultimo mi disse che la madre sarebbe stata a disposizione in ordine a tale genere di favori, ma poi non ho più riaperto il discorso e la cosa finì lì. So che di recente Puntoriero Vincenzo è stato arrestato per estorsione con Franzone, azione della quale non lo ritenevo capace o comunque non dedito a tale genere di attività illecita, nonostante fosse legatissimo ai Lo Bianco, come Franzone. Alla foto nr. 10 riconosco Cariello, della quale non conosco il nome, moglie di Puntoriero Vincenzo. Non la ritengo una donna partecipe ad affari criminali della consorteria…».

Per il giudice, le parole dell’Arena (si “poneva a disposizione dei sodali per accelerare le pratiche o per avere notizie sulle cause in maniera informale”) sorreggono, «in punto di diritto, la contestazione prescelta dall’accusa, mettendo in luce lo specifico contributo concreto, consapevole, volontario e neppure occasionale offerto dalla donna al sodalizio del marito, pur senza esservi strutturalmente inserita». A conferma di ciò, ad avviso del gup, rileva un’intercettazione telefonica fra Vincenzo Puntoriero e Paolino Lo Bianco del 22 marzo 2018 dove l’imputata avrebbe dato «prova di mettersi a disposizione, tramite il marito, per il capo cosca Paolino Lo Bianco che, peraltro arriva a richiedere non semplici informazioni bensì che l’ordinaria tempistica per l’evasione di una certa pratica riguardante il cognato venga ritardata, sebbene ciò non sarà fattibile».
Anche in data 17 maggio 2018 «i coniugi Puntoriero/Cariello cercano di favorire il Lo Bianco ed in particolare il cugino di questi, Lo Bianco Carmelo. L’effettiva evasione della pratica veniva poi verificata dalla Cariello, sempre su richiesta del marito, il successivo 12 luglio, la prima impegnandosi altresì a sollecitarla al giudice tramite messaggio».

Il precedente 7 luglio, invece, il «Puntoriero, in compagnia di D’Andrea Carmelo, chiamava la moglie per avere notizie in relazione ad un pratica che stava a cuore a quest’ultimo». Si tratta, per il giudice, di riscontri «straordinariamente precisi alle dichiarazioni dell’Arena, che dimostrano come lo stesso non abbia affatto mentito». Da qui l’affermazione della penale responsabilità di Carmela Cariello, 68 anni, impiegata del Tribunale di Vibo Valentia, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Vincenzo Puntoriero, 68 anni, originario di Rosarno, ma residente a Vibo Valentia, è invece attualmente imputato con rito ordinario sia nel maxiprocesso Rinascita Scott (associazione mafiosa e corruzione in atti giudiziari le accuse), sia dinanzi al Tribunale di Catanzaro per corruzione in atti giudiziari concorso esterno in associazione mafiosa insieme a Gregorio Puntoriero. In tale ultimo caso, Vincenzo Puntoriero avrebbe interceduto con il giudice Giancarlo Giusti (deceduto, magistrato del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria), attraverso una presunta dazione di denaro, per ottenere nel 2009 la scarcerazione di Domenico Bellocco, figlio di Rocco Bellocco.

Vincenzo Punturiero è stato infine condannato a 3 anni e 4 mesi in primo grado nel processo ‘Mbasciata per tentata estorsione ai danni di una ditta di Arena impegnata a Vibo in lavori di ripristino delle condotta fognaria in via Terravecchia Inferiore.