Le intercettazioni con il boss di Filandari Leone Soriano e l'odio per l'imprenditore Castagna: «Vorrei cac... in casa». E ancora: «Lo metto in ginocchio per riempirlo di botte e menargli una sedia in testa»
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«Vuoi a Castagna?», domandava Leone Soriano. Ed Emanuele Mancuso rispondeva: «Io lo sai cosa vorrei fargli? Te lo dico chiaro, cacargli in casa…». Già, Emanuele Mancuso non aveva grandi ambizioni in seno al crimine. Eppure con Leone Soriano, il boss di 'ndrangheta di Filandari - uno che quanto a violenza e spregiudicatezza aveva pochi eguali, uno che minacciava di «mangiare il cuore con le mani» a coloro che indicava come nemici – s’intendeva a meraviglia.
Quest’intercettazione – una delle tante effettuate dai carabinieri nell’indagine, “Nemea”, che a marzo scorso condusse all’arresto di entrambi – è rivelatrice dell’indole violenta e criminale del giovane rampollo dei Mancuso, divenuto poco tempo dopo il primo storico pentito del casato di Nicotera e Limbadi. Il nemico comune, di Mancuso jr e del re Leone di Filandari ora al gabbio, era Antonino Castagna. Grosso imprenditore metalmeccanico, rimasto invischiato e poi assolto, per i suoi presunti rapporti con esponenti dello stesso clan Mancuso, nel processo “Black money-Overseas-Purgatorio”, Castagna era ritenuto tra gli artefici dei pregressi guai giudiziari dei Soriano e, in ultimo, quelli di Giuseppe Soriano. Le visioni oniriche di Mancuso, nelle fasi antecedenti un attentato intimidatorio mezzo bomba poi consumato contro lo stesso Castagna, non si fermavano: «Vorrei metterlo in ginocchio come ho fatto con questo cornuto qua sopra. Non lo faccio per i soldi. Lo metto in ginocchio per riempirlo di botte e menargli una sedia in testa e gliela spacco. E gliele do da ora fino a dopo domani. Poi qualunque cosa ti succede, questa te la devi vedere tu. Io te lo massacro. Gli entro in casa. Gli scippo tutto e lo riempio di palate».
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