VIDEO | Il biologo 42enne rimasto vittima di un attentato lo scorso 9 aprile era il figlio adottivo di Sara Scarpulla e Francesco Vinci. Nel giorno dell'ultimo saluto a Limbadi presente anche anche la sua famiglia naturale
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Sara Scarpulla era la mamma di Matteo. Perché mamma è colei ti cresce, si prende cura di te, ti dona amore incondizionato. Sara piange sul feretro di suo figlio, ucciso dall’autobomba esplosa il 9 aprile scorso. E tanto quanto Matteo, questa donna è il simbolo di una tragedia, di un dramma che ha segnato le coscienze, a Limbadi, in provincia di Vibo e non solo.
Quella di Matteo Vinci è una storia struggente. Matteo, vittima del terrorismo mafioso che non s’è risparmiato pur di prendersi un fazzoletto di terra, aveva anche un’altra madre, la sua madre naturale. E’ questa donna composta e minuta, che piange davanti a ciò che resta di quel bambino divenuto uomo ucciso a soli 42 anni. «Ho il cuore tagliato, tre mesi fa ho perso anche mio marito. Mai potevo immaginare che avrebbero toccato mio figlio, dovranno pagare questo sangue» - dice ai nostri microfoni Rosalba Scaramuzza. Sara Scarpulla e Francesco Vinci erano suoi parenti prossimi: non potevano crescere quel bambino e così a loro l’hanno affidato. Loro che lo hanno adottato e l’hanno cresciuto con l’amore immenso che si proietta verso un figlio unico.
Matteo Vinci, il biologo, l’ex militare che col suo strumento ogni giorno suonava il silenzio, un ragazzo mite e perbene, non aveva fratelli nella sua famiglia adottiva. L’aveva nella sua famiglia naturale. Con i suoi fratelli aveva un rapporto aperto e felice. «Era una persona buona» - dichiara uno di loro, Giulio Scaramuzza. Affrontava la vita Matteo, sapeva sacrificarsi, credeva che un mondo migliore fosse possibile. E’ stato ucciso in quel modo. La sua morte non sia vana, la sua morte non sia dimenticata.
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