La notizia si è appresa ieri nel corso del processo Imponimento, in corso davanti al Tribunale di Lamezia Terme, istruito dalla Dda di Catanzaro contro la consorteria Anello-Fruci e i loro presunti fiancheggiatori.
Il presidente del collegio giudicante, Angelina Silvestri, ha aperto l’udienza comunicando che era stato designato un difensore d’ufficio per due imputati vista «la sentenza emessa dal Consiglio nazionale forense in data otto aprile 2024 con cui è stata inflitta la sanzione disciplinare delle sospensione di mesi due all’avvocato Larussa…».
Una sentenza, quella del Consiglio nazionale forense, che diviene immediatamente esecutiva.

Il proscioglimento da parte del Consiglio distrettuale di disciplina

La sentenza è stata emessa nei confronti di due avvocati, Antonio Larussa e Pietro Borello e scaturisce da un procedimento penale per circonvenzione di incapace che vedeva coinvolti i due legali e che è caduto in prescrizione.
Questo non ha fermato però la valutazione disciplinare che si è discussa in prima istanza davanti al Consiglio distrettuale di disciplina di Catanzaro davanti al quale i due legali sono stati prosciolti.

L’Ordine degli avvocati di Lamezia ricorre contro il proscioglimento dei due legali

Contro questa decisione è intervenuto l’Ordine degli avvocati di Lamezia Terme che ha impugnato il proscioglimento davanti al Consiglio nazionale forense.
Lo scorso otto aprile il Consiglio nazionale forense si è espresso in accoglimento del ricorso dell’Ordine degli avvocati di Lamezia Terme dichiarando le responsabilità di Antonio Larussa e Pietro Borello e infliggendo ad entrambi la sanzione disciplinare della sospensione di due mesi per violazione del codice deontologico.

La vicenda

La vicenda dalla quale scaturisce questa sentenza disciplinare trae origine da un atto di querela del 2013 presentato nei confronti di Larussa e Borello da una donna che si riteneva vittima di circonvenzione di incapace.
La madre della donna, nel 2009, aveva dato in locazione agli avvocati un appartamento per cifra di 500 euro al mese.
Quando la madre della signora è deceduta questa «essendo rimasta sola, ha avuto un periodo molto difficile sia sotto l’aspetto psicologico che sotto l’aspetto economico».
I due avvocati si erano offerti di aiutare la donna «come in effetti avevano fatto, pagandole le spese del funerale della madre e quelle per l’apertura della successione in suo favore, sbrigando le pratiche necessarie e provvedendo anche ad estinguere un piccolo prestito acceso dalla madre con una banca».
Il 13 agosto 2010 i due legali si erano recati con la signora ad Amantea presso uno studio legale, «dove essa aveva sottoscritto un documento di cui non aveva compreso la natura, perché si trovava in assoluto stato confusionale».

Nei mesi successivi la signora si era era recata a riscuotere la locazione «e, talvolta, anche a ricevere in prestito piccole somme e questo fino all'estate del 2011, periodo dopo il quale il canone di locazione non le era stato più corrisposto».

La visura

Quando la donna ha chiesto spiegazioni le sarebbe stato detto «che l'affitto non le sarebbe stato più pagato e che doveva restituire l’importo di 80mila euro altrimenti si sarebbero tenuti l’appartamento».
Qualche tempo dopo la signora si è rivolta a una cugina per ricevere assistenza su questa vicenda. In seguito a una visura i parenti «erano venuti in possesso di un atto di compravendita immobiliare con il quale in data 13 agosto 2010 la signora aveva venduto agli avvocati Larussa e Borello l’appartamento» per il prezzo di 100mila euro.
Ma la signora afferma di non avere mai ricevuto nessuna cifra e di non essersi resa conto di quanto aveva stipulato «anche per la sua condizione psicologica che si era aggravata».

Il procedimento penale

Dopo la querela sporta dalla donna si era aperto un procedimento penale davanti al Tribunale di Paola, chiuso a giugno 2018 con sentenza predibattimentale attraverso la quale il Tribunale dichiarava il reato estinto per intervenuta prescrizione.

L’intervento del Consiglio distrettuale e la difesa degli avvocati

Nel frattempo il Consiglio distrettuale di disciplina di Catanzaro aveva aperto un procedimento a carico dei due legali. Dopo la comunicazione del capo di incolpazione, gli avvocati Borello e Larussa si sono difesi con memorie corredate da allegati.
In loro difesa gli avvocati asserivano che la signora non era affatto incapace di intendere e dl volere; il prezzo da essi pagato per l'appartamento in questione era del tutto congruo; essi avevano consegnato alla signora i due assegni bancari di 15mila euro ciascuno; sarebbero stati fatti 22 versamenti dal 12 gennaio 2010 al 10 gennaio 2012, di cui molti in contanti, dei quali i legali hanno depositato le ricevute, per un importo complessivo di 120.181,38 euro. In particolare l’importo più rilevante, pari a 50mila euro, sarebbe stato corrisposto il 10 gennaio 2012 «mediante accollo ed estinzione, da parte degli avvocati Larussa e Borello di un debito» proprio di 50mila euro che la signora avrebbe contratto con l’ex suocera dell’avvocato Larussa. Un particolare che non è stato possibile verificare perché la suocera, benché più volte convocata, non è mai comparsa davanti al Consiglio distrettuale «né ha giustificato la sua assenza».

Infine il Consiglio distrettuale di disciplina si era determinato per il proscioglimento pur affermando che i due avvocati «avrebbero potuto e dovuto rapportarsi con maggior senso di comprensione e di umanità».
Una decisione tempestivamente impugnata dall’Ordine degli avvocati di Lamezia.

«Dipendenza economica e psicologica»

Secondo il Consiglio nazionale forense, «dalla documentazione prodotta in atti emerge in modo chiaro e inconfutabile che la signora, già quando ha intrattenuto rapporti economici e contrattuali con gli avvocati Larussa e Borello, e quindi ben prima della nomina dell’amministratore di sostegno, era una persona psicologicamente molto fragile, incapace di gestirsi economicamente in modo adeguato…».
Inoltre, scrive il Consiglio «il fatto che la la signora chiedesse e ottenesse» gli anticipi sugli affitti «determinava che vi fosse una situazione di dipendenza della signora dagli avvocati Larussa e Borello non solo economica, ma anche psicologica».

Il contratto di compravendita – scrive il Consiglio – sarebbe stato fatto firmare «in fretta e furia il 13 agosto 2010, a ridosso del Ferragosto e appena trentasette giorni dopo la morte della madre…».
«Ma ciò che è ancor più censurabile è – scrive il Consiglio – il contenuto del suindicato contratto di compravendita del 13 agosto 2010, nel quale veniva indicato il prezzo di appena 100mila euro, obiettivamente molto esiguo…».

«Palese fragilità psichica»

«Del resto – è scritto nelle conclusioni della sentenza – come sopra rilevato, risulta dalle stesse affermazioni degli incolpati, nonché dalla documentazione in atti che gli avvocati Larussa e Borello hanno approfittato della palese grande della fragilità psichica e del grave disagio della signora, nonché pure della fiducia che quest'ultima riponeva nei confronti dei summenzionati avvocati, per acquistare il bene immobile che essa aveva ereditato dalla madre e, comunque, per effettuare tale acquisto a condizioni molto penalizzanti per la parte venditrice, a beneficio degli acquirenti con conseguente violazione da parte degli avvocati Larussa e Borello dei suindicati precetti deontologici».