VIDEO | L'ex poliziotto è affetto dalla sindrome di Cogan in forma atipica ma in Italia non sanno come gestirla. L'ultima speranza sono le cure in una clinica di Cancun: «Mi sto spegnendo lentamente» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Sto male, molto male, ho difficoltà quotidiane sia fisiche che mentali. Sto perdendo molti chili senza spiegazione». Esordisce così via skype Maurizio Coluccio, 49 anni, nell'intervista in cui mette a nudo la sua anima e chiede aiuto affinché la sua malattia smetta di torturarlo. Maurizio, originario di Praia a Mare, ha scoperto un decennio fa di soffrire della sindrome di Cogan in forma atipica, una malattia autodegenerativa tanto rara che al mondo risulta l'unico ad esserne affetto. Lo ha appurato dopo una ricerca mondiale condotta in Messico in cui gli scienziati hanno esaminato altri pochi casi simili, sette in tutto. Prima di andare precocemente in pensione a soli 42 anni, era un agente della Polizia stradale in sevizio nel Casertano. Oggi ha deciso di trasferirsi all'estero per curarsi e chiede un contributo economico per affrontare le spese.
Il volo della speranza nel 2014
È il 2013. Maurizio vive da solo in un piccolo appartamento a Praia e la notizia sul suo stato di salute, all'epoca già precario, ci mette poco a fare il giro del circondario. Arrivano le telecamere e la sua storia diventa di dominio pubblico. Lo affiancano associazioni e volontari del posto e la sua storia, grazie al web, arriva fino a Cancun, Messico, nonostante il dolore ai muscoli e agli organi interni. Qui c'è una clinica che cura malattie rare, ma non quella del 49enne. Poco male, i medici, che si mettono in contatto con lui, vogliono visitarlo per tentare di rallentarne il decorso con un autotrapianto di cellule staminali. In Italia non si può. Pochi mesi più tardi Maurizio è un uomo nuovo. Deve sempre fare i conti con un problema di salute e l'altro, ma trova la forza di reagire, cammina meglio, i dolori si calmano.
Il secondo trapianto di staminali
Sembra andare tutto per il verso giusto. Maurizio si trasferisce a Siena, nei pressi dell'ospedale Santa Maria alle Scotte, perché in Calabria la sanità è un disastro e proprio in quegli anni l'ospedale della cittadina tirrenica dove l'ex poliziotto vive, chiude i battenti. L'ospedale senese, invece, si fa carico della sua situazione anche se non ha idea di come gestirla, ma può intervenire subito su eventuali conseguenze. Ha sette infarti e un'embolia polmonare che gli mette fuori uso il polmone destro, ma è ancora vivo. Poi però accade che gli diagnosticano l'herpes Zoster, meglio conosciuto come il "fuoco di Sant'Antonio", e il suo organismo già scombussolato va in tilt. I progressi del 2014 vanno in fumo e lui è costretto a tornare a Cancun per un altro autotrapianto di cellule staminali.
Il peggioramento delle condizioni di salute
Per i primi mesi va tutto bene. Maurizio recupera forze ed energie e ricomincia piano a vivere nuovamente una vita quasi normale. Ma il virus dell'herpes zoster non ne vuole sapere di lasciare il suo corpo, nonostante le cure, e in pochi mesi la situazione precipita. Ha appena la forza di prendere in mano una bottiglia d'acqua, per sorreggersi deve comprare delle stampelle speciali che si legano al braccio e deve comprare un materasso particolare che gli consenta almeno di riposare.
I ritardi nelle cure a causa del Covid
A gennaio scorso Maurizio, come ogni nuovo anno, deve sottoporsi alla trafila di esami per capire a che punto è il suo reale stato di salute. Ma tra malasorte e destino infame si inserisce anche la pandemia mondiale. Deve aspettare, gli ospedali sono travolti dall'emergenza sanitaria dettata dal Covid e oltretutto lui il coronavirus non può vederlo neppure da lontano, o è la fine. Passano i mesi e intanto l'uomo passa, senza plausibili spiegazioni, dal pesare 84 chili ai 68 attuali. I medici non sanno che fare, qualcuno gli dice di rassegnarsi: un solo malato in Italia non fa testo, i soldi per la ricerca non bastano a studiare ogni cosa. È lasciato solo al suo triste destino e per mettere a tacere quei dolori lancinanti che nessuno sa come lenire si inietta una fiala di morfina al giorno.
La decisione di tornare in Messico
Maurizio è quasi rassegnato alla sua fine, ma poi, in un afoso giorno di luglio, accade che la sua amica Maddalena, 41 anni appena, se ne va tragicamente nel giro di poche ore per le complicanze di una malattia, anche questa rara. Ha un tuffo al cuore e proprio in quel momento capisce che deve lottare per la sua vita, deve provare a reagire. Nel trambusto del caos mondiale, decide che vuole tornare in Messico, nella clinica dove lo hanno già curato e dove si sono resi disponibili a studiare il suo caso, anche se è l'unico al mondo. Decisione per nulla facile, perché per decine di motivi sarà costretto a partire da solo, senza amici e senza la sua compagna, che gli è stato sempre a fianco nonostante le atroci sofferenze. «Sono dispiaciuto, non è stata una situazione facile - dice Maurizio -. Mi hanno convinto i miei familiari, soprattutto mio figlio, che ha 19 anni. Mi ha detto: vai a farti curare papà, così quando torni possiamo stare insieme. Ha visto un padre diverso in questi mesi, non mi riconosce più».
«Aiutatemi a vivere»
«Io ho sempre combattuto - dice -. Rendermi conto che mi sto spegnendo non riesco ad accettarlo». Per questo ora chiede aiuto. «Ho bisogno di soldi per poter partire e sistemarmi lì a Cancun per i primi giorni. Prevedo di rimanerci molto tempo, ma io vivo della sola pensione». Il suo appello ha motivazioni ancor più profonde: «Può capitare a chiunque di ammalarsi e aiutarmi significa aiutare se stessi. Spero che il mio grido di aiuto serva anche ad altri. Quante altre persone si sono sentite dire che non possono essere curate in Italia?». Per aiutarlo basterà seguire le indicazioni che troverete sul suo profilo Facebook oppure al gruppo "Un aiuto per Maurizio", dove l'ex poliziotto, oltretutto, racconta quotidianamente la sua battaglia conto la malattia.