VIDEO | Mario Montaspro fu la prima delle quattro persone uccise nell'area dell'Alto Tirreno cosentino dall’assassino seriale arrestato per tentato omicidio nei giorni scorsi a Bologna
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«È stata una notizia terrificante, io e la mia famiglia stiamo vivendo gli stessi momenti di allora, di quel famoso 3 aprile del '92. Mi sto sentendo veramente male». A parlare, nella sua casa di Scalea, è Maria, 72 anni, sorella di Mario Montaspro, la prima vittima di Francesco Passalacqua, noto alle cronache come il "killer della Riviera dei Cedri". L'uomo, negli anni Novanta, sparse terrore e sangue nel territorio dell'alto Tirreno cosentino e oggi è indagato per il tentato omicidio di un anziano, avvenuto qualche giorno fa in Emilia Romagna. Passalacqua, infatti, nonostante i quattro omicidi accertati dalla magistratura e una condanna definitiva all'ergastolo, aveva ottenuto la libertà vigilata da circa un anno, che stava scontando in una comunità di Vedegheto. La notizia della nuova indagine a suo carico ha riaperto la ferita della famiglia Montaspro, che da oltre trent'anni deve fare i conti con il dolore e con la rabbia. «Cara magistratura, cara presidente del Consiglio - dice Maria, rivolgendosi alle istituzioni -, volete fare una riforma? Chi ammazza deve stare dentro e non deve più uscire, dovete buttare le chiavi. Poi, magari, c'è una persona che va a rubare una gallina o un'insalata e sta in carcere per anni».
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Quel tragico aprile del 1992: la morte di Mario Montaspro
Maria ci ospita nella sua casa alla periferia di Scalea ed è visibilmente provata. Sul tavolo del soggiorno ci sono decine di fotografie di Mario, suo fratello, autotrasportatore e padre di quattro figli, assassinato a 45 anni mentre lei era in attesa del suo quarto figlio. «Volevano proteggermi - dice -, fui l'ultima a saperlo». Ma la notizia di un omicidio così efferato ci mise pochi minuti a fare il giro del circondario. «Quella mattina Mario avrebbe dovuto partire presto per la Germania. Inizialmente, pensammo che stesse dormendo, che non avesse sentito la sveglia». Poi la decisione di andare a controllare. Entrò per prima una sua collaboratrice domestica, che si era recata lì per svolgere le pulizie domestiche. «Trovò una scena raccapricciante. La casa era allagata di sangue e mio fratello giaceva morto nel suo letto».
«Invitò a cena quei ragazzi sbandati e lo uccisero»
Appena le forze dell'ordine arrivarono sulla scena del crimine, alcuni testimoni riferirono di aver visto uscire da quella casa, la sera precedente, alcuni giovani. In poco tempo, gli inquirenti riuscirono a ricostruire le ultime ore di vita di Mario Montaspro e scoprire che, forse, era stato assassinato per poche lire. «Mio fratello - continua Maria nel suo racconto - incontrò questi amici al bar il giorno prima. Questi si accorsero che nel suo portafoglio c'erano molti soldi». La somma, di circa un milione di lire, era frutto della riscossione di una polizza assicurativa. «Quei ragazzi, che erano un po' sbandatelli, gli chiesero cinquantamila lire a testa. Mario si rifiutò, disse loro di cercarsi un lavoro, ma siccome era un buono, quella stessa sera li invitò a cena, a casa sua, per offrirgli da mangiare e da bere». Mario viveva in un appartamento situato in una delle vie principali di Scalea. «A una certa ora, Mario chiese agli ospiti di andare via perché avrebbe dovuto svegliarsi presto. Gli amici se ne andarono, ma nella notte trovarono il modo di rientrare». Passalacqua e un suo complice, all'epoca minorenne, tornarono per cercare quei soldi che Mario gli aveva negato. Non li trovarono, ma l'autotrasportatore, probabilmente, si accorse della presenza di estranei in casa e reagì. Fu la sua condanna a morte. I malviventi lo colpirono alla testa con un grosso pezzo di cemento, «un massetto che teneva in piedi un ombrellone sul balcone», mettendo fine alla sua giovane vita.
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La carriera criminale
Passalacqua fu arrestato insieme al suo complice pochi giorni dopo l'efferato delitto. Poi, pochi mesi più tardi, scaddero i termini per la detenzione preventiva e, in attesa del giudizio, tornò in libertà. Fu arrestato di nuovo per furto e stavolta rimase in carcere per anni. Ma, una volta fuori, nel giro di poco tempo uccise tre persone tra Verbicaro e Marcellina, frazione di Santa Maria del Cedro. Dapprima arrivò la condanna a 24 anni di carcere per l'omicidio di Mario Montaspro, poi, riconosciuto colpevole degli altri tre delitti, ottenne la condanna all'ergastolo. Rimase in carcere fino a un anno fa, quando i giudici decisero di concedergli la libertà vigilata, ma l'ha sprecata. L'8 gennaio scorso, le forze dell'ordine lo hanno fermato con l'accusa di tentato omicidio ai danni di un pensionato di 65 anni. I fatti sono avvenuti a Tolè, frazione di Vergato, centro della provincia di Bologna. La notizia ha fatto ben presto il giro d'Italia e per i famigliari delle vittime di Passalacqua è stato come tornare indietro e provare la stessa, identica, disperazione. «Io non potrò mai dimenticare - confessa Maria -, è un dolore che non passa mai. E voglio dire una cosa alla magistratura e a tutte le istituzioni: ma come si può mettere fuori una persona del genere? Cosa insegniamo ai giovani d'oggi? Io mi sento male».