È stata inviata alla Corte Costituzionale, affinché ne accerti i profili di legittimità costituzionale, una legge licenziata lo scorso anno dal parlamentino calabrese. Si tratta, in particolare, della legge numero 39 approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 30 ottobre con cui si è dato il via libera alla modifica dei confini territoriali di Belcastro e Petronà, comuni presilani ricadenti nella provincia di Catanzaro, a seguito di un referendum consultivo che ha sancito il passaggio dal Comune di Belcastro a quello di Petronà della frazione di Acquanova e di 23 ettari di territorio montano.

 

Belcastro versus Petronà

Il provvedimento è stato impugnato dinnanzi al Tribunale Amministrativo regionale dal Comune di Belcastro, difeso dall’avvocato Giuseppe Pitaro, che già in fase cautelare aveva sollevato la questione di legittimità dichiarata oggi fondata dalla prima sezione del Tar (presidente Vincenzo Salomone, estensore Francesco Tallaro) che ha disposto la trasmissione di tutti gli atti alla Corte Costituzionale.

 

La frazione contesa di Acquanova

La strategia difensiva si è avvitata tutt’attorno alla contestazione dei criteri utilizzati dalla Regione Calabria per individuare il campione di cittadini cui sottoporre il quesito referendario, ristretto ai soli residenti della frazione di Acquanova. Secondo le tesi addotte dalla difesa il referendum sarebbe dovuto essere esteso alla totalità dei cittadini di Belcastro, in quanto diretti interessati alla variazione territoriale. Le modifiche dei confini, poi, non sarebbero state oggetto di una vera e propria partecipazione da parte delle rispettive amministrazione presilane, entrambe all’epoca rette da commissari prefettizi, i quali hanno preferito non prendere parte alla seduta della prima commissione del Consiglio regionale convocata per audire i due enti locali. “Oscura” sarebbe stata, infine, la formulazione del quesito referendario, il quale non precisava che il trasferimento avrebbe riguardato non solo il territorio occupato dalle abitazioni ma anche 23 ettari di territorio montano, circostanza che ha peraltro comportato la perdita della qualifica di Comune Montano.

 

I motivi della questione di legittimità

La questione di legittimità costituzionale è stata posta sull’arbitraria discrezionalità impiegata dalla Regione Calabria nel restringere ai soli residenti della frazione di Acquanova il numero di soggetti chiamati a partecipare al referendum rispetto all’intero numero dei residenti dei comuni coinvolti. Il Tar ha ritenuto legittima la questione precisando che “non è stata svolta alcuna attività istruttoria indirizzata ad individuare la popolazione che potrebbe risentire di effetti significativi in conseguenza delle modifiche territoriali. Conseguentemente, non vi è alcuna motivazione circa la decisione di derogare alla norma generale dettata dalla legge regionale per cui per le modifiche territoriali vadano consultati in sede referendaria “tutti gli elettori residenti nei Comuni interessati dalla modificazione territoriale”.

 

Luana Costa