False notizie usate come strumento per confondere i nemici, dall'una e dall'altra parte, o anche solo per romanzare giornalisticamente la realtà e rendere maggiormente "appetibili" gli articoli. Un'avvocatessa romana, Benedetta Piola Caselli, mette in guardia dalle fake news sul conflitto in Ucraina. Dai suoi profili social sta cercando di fare una vera e propria opera di fact checking, l'arte di verificare le notizie e smontare le bufale che circolano in rete.

L'operatrice umanitaria lo fa direttamente sul posto, come dovrebbe fare un buon giornalista, lei che giornalista non è ma un avvocato con due lauree nel cassetto, quella in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, che nel tempo libero si diletta come reporter freelancer per testate nazionali. «Attenzione - ci dice - la guerra è reale, non voglio sminuire la drammaticità di quanto sta accadendo, ma voglio farvi sapere che stanno circolando un sacco di fake news».

Dal viaggio in treno al finto esodo

Benedetta Piola Caselli è arrivata a Leopoli qualche giorno fa per realizzare un servizio e si è trovata innanzi a uno scenario certamente preoccupante, ma nettamente diverso da come se l'era immaginato leggendo i quotidiani italiani. Lei, ad esempio, in città ci è arrivata tranquillamente da un treno proveniente dalla Polonia. «L'esodo che avete visto alle frontiere non è reale. Gli ucraini stanno cercando di uscire dai confini, sì, ma le file si formano per le lungaggini burocratiche, tanto è vero che le code si formano solo in alcuni orari. Questo non vuol dire che non ci siano profughi che scappano dalla guerra, semplicemente non c'è la situazione di emergenza che ci ha rappresentato la stampa italiana».

Tanti ucraini, al contrario, starebbero rientrando in patria perché la ritengono ancora un posto sicuro. E sarebbe falsa anche la chiamata alle armi di tutti gli uomini. «Io avevo capito che dai 18 ai 60 anni si doveva imbracciare un fucile e andare a combattere, come facevano i nostri nonni in guerra - dice la donna -. Invece no, gli uomini non possono lasciare il Paese ma continuano a vivere le loro vite, sono nei bar, nei loro posti di lavoro, sono ovunque». Chi combatte è l'esercito, insieme alla legione straniera e alle milizie cittadine, purché abbiano un buon grado di addestramento e decidano volontariamente di arruolarsi.

Il bombardamento su Leopoli

Quando i missili russi sono caduti entro i confini della città di Leopoli, l'operatrice umanitaria romana era già in città. «I russi hanno bombardato due capannoni industriali alla periferia della città, non ci sono stati né morti né feriti. I giornali non hanno scritto esplicitamente che i russi hanno bombardato Leopoli, ma hanno scritto titoli ambigui e corredato i pezzi con foto di stabili distrutti che certamente non sono in questa città».

A Leopoli la guerra vera e propria non sarebbe ancora arrivata. «Io adesso sono tranquillamente in un albergo e se voglio andare a prendere un caffè in un bar posso farlo senza problemi». Addirittura si può anche pagare con bancomat e carte di credito, la linea internet non è compromessa. Leopoli non è Mariupol, già sotto assedio da tempo, anche se le sirene continuano a suonare anche qui. «Certo, ma non sappiamo mai se è un allarme reale oppure è solo un modo per creare tensione psicologica ai cittadini o ai corrispondenti giornalistici, così che poi scrivano articoli per smuovere l'opinione pubblica».

La leggenda della torta assassina

Tra le tante storie raccontate durante il conflitto c'è anche quella della nonnina che avrebbe avvelenato otto soldati con una torta allo zinco, una sorta di eroina nazionale di cui però non si conosce ancora l'identità. Forse perché il fatto non è nemmeno mai accaduto. «Qui in Ucraina si parla di torta al mercurio, di quello contenuto nel termometro». Ma non è questo il punto. «Un ufficiale ucraino avrebbe registrato il colloquio tra due persone. Uno dei due avrebbe detto che una nonnina avrebbe dato ad alcuni soldati la torta avvelenata, mandandone otto nello zinco, cioè nella bara». Ma nemmeno di questo v'è certezza.

La protesta dei passeggini

A sentire l'avvocatessa romana, nemmeno la manifestazione con decine di passeggini esposti in piazza sarebbe così come l'hanno raccontata i media occidentali. «Secondo i quotidiani italiani, si sarebbe trattato di una manifestazione spontanea per ricordare le piccole vittime di guerra. E no, io c'ero e le cose non sono andate così». A spiegare le reali motivazioni c'erano delle installazioni in ferro. «Vi ricordiamo i bambini morti in guerra perché vogliamo la no fly zone».

Circostanza, quest'ultima, che i giornali avrebbero dimenticato di riportare. D'altronde anche in Ucraina l'informazione farebbe acqua da tutte le parti, con notizie sensazionalistiche che detta direttamente il governo di Volodymyr Zelensky. «La controinformazione è difficile - dice ancora la reporter -. Gli ucraini, al momento, sono concordi nel pensare che stiano vincendo la guerra, che la Russia si stia piegando e che l'operazione militare stia riuscendo, per questo bisogna combattere fino all'ultimo uomo. L'impressione è che il dolore non sia ancora un sentimento generale. C'è un enorme consenso intorno al presidente».

Eppure fino a prima del conflitto la sua popolarità era scesa al 25%, perché travolto dalle polemiche per un patrimonio ingente di cui non è chiara la provenienza. «Ora è tutto dimenticato, tutti sono focalizzati sulla vittoria». Nel frattempo, i missili continuano a creare tutto intorno morte e distruzione. E questa, purtroppo, non è una fake news.