«Se sono qui a parlare di quello che mi è successo devo dire grazie al dottor Sandro Di Stefano, direttore dell’Utir dell’ospedale Cannizzaro di Catania e al personale infermieristico per la prontezza e la competenza con cui hanno trattato il mio caso». Ad affermarlo, in un’intervista a Repubblica, è V. P., il docente catanese dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, guarito dopo il ricovero per Covid-19.

 

«A metà febbraio – racconta il prof – la nostra facoltà aveva organizzato un convegno al quale hanno preso parte docenti da tutta Italia, prima ancora che esplodesse il focolaio di Codogno; qualche giorno dopo ho accusato i sintomi di un’influenza con tosse e febbre molto alta, ma non essendo stato nelle zone cosiddette a rischio non abbiamo preso in considerazione l’ipotesi Coronavirus né io nè miei familiari e neppure il medico di base. Tuttavia, dopo dieci giorni di febbre 39 e 40° la situazione ha cominciato a preoccuparmi».

 

«Qualche anno fa ho avuto una broncopolmonite – prosegue il docente – e data la difficoltà a respirare che mi opprimeva, ho chiamato il medico che mi ha avuto in cura e l’ho informato della situazione. Questi ha insistito perchè mi recassi all’Utir senza indugio e così, quando sono arrivato, mi hanno dotato di una mascherina, mi hanno completamente spogliato, spostato in terapia intensiva e cominciato la terapia farmacologica per far abbassare la temperatura. In serata la febbre era un po’ scesa ma avevo difficoltà a respirare, una sensazione di mancanza d’aria preoccupante e inquietante, pertanto il direttore dell’Utir, forzando i protocolli – perché non c’erano i segni del caso sospetto – ha insistito perché facessi il tampone, e, sorpresa, sono risultato positivo al Covid-19».

La reazione principale è stata di disorientamento. «Da uomo di scienza mi sono sempre sentito invincibile, poi è subentrato lo stupore e poi l’incredulità, io ero uno dei contagiati da Coronavirus e mi sembrava irreale e impossibile, ma era così. Adesso la carica virale si è arrestata e ha iniziato a regredire fino alla sua scomparsa, quindi posso dire che sono guarito, ma se qui a Catania non è successo quello che è accaduto a Codogno, lo si deve al direttore dell’Utir e al personale di quel reparto. Non rientrando nei casi sospetti sarei andato al pronto soccorso, sarei rimasto quattro o cinque ore in sala d’aspetto e avrei contagiato tutti, sarebbe stato catastrofico».

 

 

LEGGI ANCHE: Parla il prof di Agraria di Reggio Calabria: «Così ho scoperto la malattia»