La cronaca del rito civile e dei festeggiamenti del primo matrimonio gay celebrato nella città del porto che ha espresso grande affetto per la coppia campana che vive in Calabria da alcuni mesi
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Il fatidico sì pronunciato col sottofondo della ola, la selfimania degli invitati per immortalarsi nella giornata storica, goliardia ed emozione solite da “matrimonio”. Nella cerimonia che nel municipio formalizza la prima unione civile tra omosessuali, a Gioia Tauro, c’è un concentrato di festa, pianti ed evidenti significati per chi vuole dare tutti assieme un calcio ai pregiudizi.
Il sindaco Aldo Alessio che si dice emozionato, ma precisa che per lui vale quello che facevano in Grecia 2.500 anni fa – e prima di leggere la formula prevista dalla legge 76 del 2016 cita la poetessa Saffo dell’isola di Lesbia -, e la sposa Lina Cirillo che, dopo aver baciato la compagna Pina Apicella, si lancia in un liberatorio: “grazie Gioia Tauro, siete un paese aperto”. Il rito scorre via così, tra l’entusiasmo di insospettabili timorati di Dio che vogliono rendere omaggio alle due donne sedendo in prima fila, e non mancano accenni – nella coereografia della festa – al rifiuto della violenza omofoba. Un condensato di felicità e speranza, un impegno solenne a battersi – anche in futuro – per avere leggi che migliorano i diritti civili, che la città calabrese ha cercato unendo alla stima verso le due ragazze trasferitesi dall'area di Napoli 9 mesi fa, il riconoscimento della loro libertà ora rispettata anche dallo Stato.