Annullata l’ordinanza che ha fermato l’acquisto di tre volumi della collana pubblicata in allegato alla Gazzetta dello Sport. Il legale del boss: «Limitato il diritto all’arricchimento culturale»
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La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza con la quale il Tribunale di Reggio Calabria, lo scorso luglio, aveva bloccato tre libri sulla mafia acquistati dal boss di Brancaccio Giuseppe Graviano per il tramite dell'impresa interna al carcere di Terni dove è detenuto al 41 bis.
Si tratta, in particolare, di volumi che facevano parte della collana "Storia della criminalità organizzata" pubblicata lo scorso anno in allegato alla Gazzetta dello Sport. I libri riguardavano temi legati a Cosa Nostra. Dopo il nulla osta ricevuto dal Tribunale di sorveglianza di Spoleto, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, dove Graviano era imputato nel processo "'Ndrangheta stragista", ha disposto il trattenimento dei libri per evitare che il boss potesse «acquisire informazioni, notizie sulle vicende trattate - è scritto nel provvedimento - che possono essere utilizzate per elaborare strategie e impartire disposizioni nell'ambito del contesto mafioso di appartenenza».
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Il blocco dei libri è stato poi confermato dal Tribunale di Reggio Calabria «tenuto conto della materia trattata dagli scritti e della personalità del soggetto». L'ordinanza del giudice è stata appellata in Cassazione dove l'avvocato Vincenzo Dascola, difensore di Graviano, nel suo ricorso ha sostenuto che il trattenimento dei volumi da parte del carcere di Terni è avvenuto «in palese violazione di legge» perché «l'ordinamento penitenziario» relativo al 41bis «non limita il diritto dei detenuti in regime speciale a ricevere e a tenere con sé le pubblicazioni di loro scelta, ma incide sulle modalità attraverso le quali dette pubblicazioni possono essere acquisite». Citando poi «la tutela costituzionale dei diritti fondamentali», nel suo ricorso l'avvocato Dascola ha sostenuto che «a essere compressa e lesa non risulta essere, solo la libertà di manifestazione del pensiero del detenuto, intesa nel suo significato passivo di diritto di essere informato ed il diritto allo studio ma anche il diritto di poter fruire della lettura di un volume a propria scelta, rispondente ai propri gusti ed interessi, e quindi il diritto al proprio arricchimento culturale». Da qui la decisione della Suprema Corte di accogliere la richiesta del boss Giuseppe Graviano e rinviare la questione davanti a un nuovo Tribunale di Reggio Calabria.