Il procuratore di Catanzaro rinuncia a correre per Palazzo dei Marescialli. Ora non resta che concentrarsi sul concorso bandito per la città partenopea. Ma è valida anche l'opzione offerta dal capoluogo emiliano, dove la ‘ndrangheta è fortemente infiltrata nel tessuto istituzionale ed economico
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Il capo della procura di Catanzaro Nicola Gratteri non si candiderà al Consiglio Superiore della Magistratura. La decisione è maturata nelle ultime ore, dopo una fase in cui il magistrato di Gerace era tentato dal partecipare alle prossime elezioni per il rinnovo di Palazzo dei Marescialli, sede di tutte le scelte che riguardano i magistrati italiani, previste per il 18 e 19 settembre prossimi.
A far desistere Gratteri sarebbe stata anche la candidatura indipendente del magistrato campano John Woodcock, in servizio presso la procura di Napoli, che non ha voluto mettere il suo nome nelle liste delle varie correnti associative, tentando la strada solitaria, come avvenne qualche anno fa per Nino Di Matteo, il quale tornerà a fare il pm alla Direzione Nazionale Antimafia, guidata dal procuratore Giovanni Melillo.
Gratteri aveva mostrato curiosità e interesse per il Csm, dopo il no del Plenum proprio per l’incarico ricoperto oggi dall’ex capo inquirente di Napoli, ritenendo di poter dire la sua nell’organo di auto-governo della magistratura italiana, presieduto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Inoltre, era stata ipotizzata la candidatura con “Autonomia e Indipendenza”, la corrente togata fondata da Piercamillo Davigo e oggi portata avanti dal consigliere Sebastiano Ardita, ma Gratteri avrebbe gentilmente declinato l’invito, dimostrando di voler rimanere lontano dalle logiche correntizie, da lui sempre criticate. Non c’erano dunque i presupposti per far parte dei 30 consiglieri, vista l’agguerrita concorrenza nei collegi dedicati ai requirenti (pubblici ministeri). E ora cosa succederà?
Dopo la mancata nomina alla Dna, la nostra testata aveva anticipato la possibilità che Gratteri potesse presentare domanda per la procura di Napoli, di cui se ne occuperà ancora il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura in carica, considerato che Mattarella sarà costretto a far andare avanti la consiliatura in corso. La caduta del Governo Draghi, infatti, non permetterà l’elezione dei dieci componenti laici che dovranno aggiungersi ai venti togati. Si prevede quindi un regime di prorogatio almeno fino a dicembre.
La procura di Napoli, la più grande d’Italia, è comunque assai ambita. Tra i papabili c’è Michele Prestipino, bocciato dal Consiglio di Stato per il ruolo di procuratore capo di Roma, e quindi in cerca da tempo di un “posto al sole”. Napoli potrebbe essere una destinazione gradita all’ex braccio destro di Giuseppe Pignatone, dopo una carriera trascorsa tra Palermo, Reggio Calabria (insieme a Gratteri) e ora Roma. Ma non c’è solo lui. Si fa il nome anche del procuratore capo di Lecce, Leonardo Leone De Castris, magistrato di lungo corso, che punta al grande salto per chiudere in bellezza il suo percorso professionale. Tanti altri candidati potrebbero arrivare dai concorsi banditi per Milano, Roma e Palermo, che il Csm non ha preso in considerazione.
L’altra procura importante che si potrebbe liberare da qui a un anno è quella di Bologna, visto che il procuratore Giuseppe Amato, ha già presentato tante domande per assumere lo stesso incarico in altri uffici cruciali per il sistema giudiziario italiano. Basti pensare al ricorso presentato contro Marcello Viola, scelto dal Plenum, per l’ufficio inquirente di Milano.
La Dda di Bologna ha una competenza territoriale in tutta l’Emilia Romagna ed è composta da un procuratore capo, tre procuratori aggiunti e 25 pubblici ministeri. Numeri quasi simili a quelli della procura di Catanzaro, da sempre impegnata nella lotta contro la ‘ndrangheta, così come lo è quella di Bologna, alla luce delle tante inchieste che hanno acclarato l’infiltrazione mafiosa di stampo ‘ndranghetistico nel sistema istituzionale e imprenditoriale della regione.
Qui la cosca Grande Aracri di Cutro ha posto i suoi insediamenti illeciti. Lo dimostrano le numerose inchieste coordinate dalla Dda di Bologna. Ma non ci sono solo i cutresi in questo territorio. Nell’ultima relazione semestrale della Dia, si evidenziano le presenze di altre ‘ndrine, riconducibili ai clan vibonesi e reggini. Insomma, una tematica che Gratteri, viste le sue pregresse esperienze lavorative, conosce a menadito. Alternative? Nessuna, in quanto per la procura di Palermo non ha presentato domanda. A meno che non opti per il passaggio alle funzioni requirenti di secondo grado (una procura generale, tanto per capirci), o presenti ricorso contro Melillo (ancora può farlo).
Gratteri in definitiva potrà rimanere a Catanzaro fino al 2024. È chiaro che nessuno crede che, non ottenendo nulla dal Csm, torni a fare il pm (come prevedono le norme interne). Entro un anno dunque il suo futuro sarà delineato.