La Procura di Reggio Calabria contesta all’ex primario del reparto di oncologia del Gom, Pierpaolo Correale ed al suo vice Rocco Giannicola, anche il reato di omicidio colposo. Tuttavia, preliminarmente, va evidenziato che il Gip ha ritenuto di non accogliere la richiesta di misura cautelare per quest’accusa ritenendo non sussistenti gravi indizi di colpevolezza. Per i due medici è scattata, infatti, la misura cautelare di “divieto temporaneo di esercizio della professione medica per la durata di mesi 12”, per i reati di somministrazione di farmaci imperfetti, falsità materiale e ideologica, abuso d’ufficio e truffa.

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Per gli inquirenti, infatti, i due medici «causavano il decesso» di un paziente «nei termini di un'anticipazione dello stesso di circa quattro/cinque mesi rispetto al momento in cui si sarebbe verificato a fronte di una corretta valutazione del caso clinico, sia in fase di ricovero che in fase di trattamento, nonché di della somministrazione della terapia conforme alle linee guida, che avrebbero, di contro, garantito un periodo di sopravvivenza, libero da progressione della malattia e con migliore condizioni di vita».

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La posizione clinica

Rispetto alla posizione clinica di un paziente affetto da carcinoma polmonare, il Gip ha valutato, proprio in merito alla contestazione di omicidio colposo, che Correale «si è difeso sostenendo che si sia trattato di un suo errore, sia pure incolpevole dovuto ad una svista in cui lo stesso era incorso nella visione della documentazione del paziente.

Il primario ha, però, sostenuto che tale errore non potesse ritenersi decisivo nell’avvenuto exitus del paziente o nell’accelerazione dello stesso. Dal momento che le metastasi cerebrali “ad alto rischio di letalità a breve termine” da cui lo stesso era afflitto, erano incompatibili con il trattamento immunoterapico e avevano imposto la somministrazione della radioterapia, che dopo i tre cicli cli chemioterapia avrebbe arginato, sia pure per poco tempo, il corso della malattia».

La difesa di Correale

Il primario, sentito sul fatto, ha rilasciato dichiarazioni che, per i giudici «instillano il dubbio che l’errore in cui lo stesso era incorso non fosse davvero evitabile. Fermo restando che l’omessa rilevazione della mutazione genetica si era ripetuta e replicata a catena nei successivi ricoveri e dimissioni».

Valutando gli elementi portati dall’accusa circa il reato di omicidio colposo, per gli inquirenti «Residuano ancora dubbi sotto il profilo della causalità della colpa. Non potendo affermarsi con alta probabilità e credibilità razionale che l’evento morte si sarebbe evitato con la condotta doverosa ed omessa, ossia che il paziente sarebbe sopravvissuto per più tempo grazie alla somministrazione della terapia immunologica».

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