È sparita dalla piattaforma online GoFundMe la petizione lanciata nei giorni scorsi dai genitori del piccolo Alfredo De Marco, il bambino di 3 anni di Siderno Superiore affetto da una grave forma di tumore al fegato. La raccolta fondi lanciata dalla famiglia del bimbo aveva come obiettivo il raggiungimento di un milione di euro per sostenere le cure, e in pochissimo tempo aveva toccato un picco di oltre 770 mila euro.

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Negli ultimi giorni tuttavia la petizione ha subito una flessione, con diverse richieste di rimborso ottenute (per un totale di circa 30 mila euro) da alcuni donatori alla luce di dubbi circa l’attendibilità dell’operazione sollevati inizialmente dalla giornalista e blogger Selvaggia Lucarelli, che denunciava attraverso i suoi canali social l’assenza di preventivi di spesa, invitando i propri followers a non donare soldi. Perplessità sull'operazione di crowdfunding sono state espresse anche dalla giornalista Charlotte Matteini, molto attiva sul tema dal suo profilo Instagram.

A quanto si apprende si tratta di una sospensione in via cautelativa, in seguito a diverse segnalazioni con richiesta di verifiche su alcuni dati relativi alla petizione. «Useremo solo i soldi che ci serviranno, il resto lo restituiremo», chiarisce la famiglia. Per questo motivo i genitori hanno deciso di non comunicare ancora le proprie coordinate bancarie a GoFundMe, in attesa di avere una risposta definitiva sul percorso da intraprendere per il loro bambino, per cui un piccolissimo spiraglio si è aperto in alcune cliniche all'estero, in Francia e Svizzera.

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«Lì le cure costano tanto - dicono - e inoltre dovremmo sostenere anche le spese di un trasferimento. Non siamo dei truffatori, siamo solo due genitori disperati. Il nostro è stato un gesto compiuto assolutamente in buona fede. Nessuno può realmente capire fino a quando non lo prova sulla propria pelle. Il pensiero che un figlio che hai desiderato tanto potrà vivere solo pochi mesi non lo auguriamo a nessuno. Nessuno - aggiunge la famiglia De Marco - si è soffermato sul fatto che noi in Calabria paghiamo le tasse come tutti i cittadini italiani. Per curarci ci siamo dovuti spostarci di 800 chilometri». 

La famiglia sostiene inoltre di aver preso contatti con il ministero della Salute, rivendicando anche una comunicazione interna firmata dal questore di Reggio Calabria per invitare gli agenti della Polizia di Stato (il padre di Alfredo è un poliziotto) a sostenere la raccolta.