La Cassazione ha ordinato un nuovo giudizio sui beni intestati alla figlia dell'imprenditore, il quale nell'inchiesta della Dda di Catanzaro è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa
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Dopo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza cautelare confermata dal Riesame di Catanzaro, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha emesso un altro verdetto sulla posizione di Massimiliano Maida, imputato nel processo “Glicine-Acheronte”, nato dall'omonima inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro.
Gli ermellini infatti hanno ordinato un nuovo giudizio sul sequestro dei beni che ha riguardato l’imprenditore agricolo crotonese, al quale viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa circoscritto alla cosca di ‘ndrangheta dei Megna.
In precedenza, gli investigatori avevano posto i sigilli all’azienda di famiglia intestata alla figlia di Massimiliano Maida, un sequestro preventivo che era stato confermato (come detto) dai giudici del Riesame di Catanzaro. Il reclamo accolto porta la firma degli avvocati Cesare Badolato e Cesira Staffa. Massimiliano Maida è attualmente sottoposto alla misura degli arresti domiciliari ed è tra le persone che rischiano il processo.