«Le indagini che hanno portato agli arresti di oggi dimostrano che Cosa nostra è viva e presente e dialoga con canali comunicativi assolutamente nuovi, fa affari e cerca di ricostituire il suo esercito». Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia alla conferenza stampa in cui i magistrati e i carabinieri stanno illustrando i particolari del blitz antimafia che ha portato a 181 arresti.

«L'operazione fa seguito ad altri interventi che confermano la vitalità della mafia, ma anche la capacità di reazione dello Stato che continua a lavorare pur nella carenza di uomini, in Procura mancano 13 sostituti e un aggiunto». De Lucia ha ringraziato la procuratrice aggiunta Marzia Sabella che ha coordinato l'inchiesta.

I tentativi di Cosa nostra di ricostruire la Cupola provinciale

Nel corso della maxi-operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo sono stati disposti i fermi e gli arresti di 181 persone, tra boss, "colonnelli", uomini d'onore, ed estortori di diversi "mandamenti" del capoluogo siciliano e della provincia.

L'inchiesta ha svelato l'organigramma delle principali famiglie, gli affari dei clan e l'ennesimo tentativo di Cosa nostra di ricostituire la Cupola provinciale e di reagire alla dura repressione che negli ultimi anni ha portato in cella migliaia di persone.

Ordini dal carcere

I mafiosi detenuti avrebbero a disposizione microsim e cellulari criptati introdotti illegalmente nelle celle con i quali parlerebbero indisturbati e darebbero ordini all'esterno. Gli apparecchi verrebbero usati per chiamare telefonini destinati esclusivamente a ricevere, una sorta di telefoni-citofoni: circostanza che rende difficilissimo incrociare i dati. Secondo gli inquirenti, grazie a questo escamotage, i boss riuscirebbero a gestire traffici di droga e organizzare summit. I principali mandamenti coinvolti nell'indagine sono quelli di Santa Maria di Gesù, Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini , Pagliarelli e Carini.