VIDEO | Il caso dal carcere di Cosenza. L'uomo non ha potuto vegliare la donna sul letto di morte né partecipare al suo funerale. La denuncia dell'Associazione Yairaiha (ASCOLTA AUDIO)
Detenuto assiste al funerale della madre in videochiamata, le reazioni di indignazione e solidarietà
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Non ha avuto la possibilità di vegliare la madre sul letto di morte, né di poter partecipare al suo funerale. Per porgere l'estremo saluto si è dovuto accontentare di una videochiamata dal cellulare, quando ormai il cuore della donna aveva cessato di battere ed era stata allestita la camera ardente. Il viso in lacrime mentre il piccolo schermo dello smartphone gli restituiva l'immagine della mamma adagiata nella bara.
La denuncia dell'associazione Yairaiha: «Atto brutale»
Francesco, detenuto nella casa circondariale di Cosenza, aveva chiesto di poter usufruire di un permesso premio per assistere la madre, malata terminale per un tumore al fegato. Richiesta rigettata, mentre alla successiva istanza presentata per partecipare al rito funebre, il magistrato di sorveglianza non ha risposto. La vicenda è stata resa pubblica dall'Associazione Yairaiha. «Negare la possibilità di stare vicini ad una madre prima che ci abbandoni è un atto di mostruosa brutalità del quale dovremmo vergognarci tutti se avessimo ancora il senso della pietas - ha detto Sandra Berardi, presidentessa della onlus, operante nel capoluogo bruzio dal 2006 a difesa dei diritti umani - Francesco finirà di scontare la propria pena nel prossimo mese di ottobre. Questa per lui era anche l'occasione di recuperare completamente gli sbagli del passato».
«Il carcere fa parte della società»
«Molte volte l'articolo 27 della nostra Costituzione rimane lettera morta - ribadisce Lisa Sorrentino, attivista dell'Associazione Yairaiha - Il carcere non è avulso dalla nostra società, ma fa parte della nostra società dove i detenuti dovranno fare rientro dopo aver scontato la propria pena. Ma se le condizioni di detenzione continueranno a non essere compatibili con la rieducazione, continueremo ad assistere sempre più ad una situazione di porte girevoli, con persone che escono dalla cella per farvi poi ritorno perché privi degli strumenti necessari a riguadagnarsi un posto nella comunità».