Il deputato leghista Domenico Furgiuele è preoccupato assai dalla crisi economica innescata dalla pandemia da coronavirus.
Grande industria? Pmi? Turismo? No, ciò che maggiormente lo assilla pare essere la sorte di parrucchieri ed estetisti che, secondo il Dpcm che regola la fase 2, non possono riaprire prima del 18 maggio. Nobilissimo intento, a dire il vero, visto che la problematica riguarda decine di migliaia di piccoli artigiani. Ma a togliere credibilità alla sua battaglia, che sta conducendo (e perdendo) in Parlamento a colpi di emendamenti, è la circostanza che la suocera Drusiana Caputo - moglie di Salvatore Mazzei, condannato in via definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso – sia la titolare di un centro per la cura del corpo, che sarebbe stato costruito abusivamente.


Recentemente, infatti, la struttura è finita al centro di un’indagine condotta dai carabinieri della compagnia di Lamezia Terme, guidati dal Capitano Tribuzio e la Stazione lametina dei Forestali, che hanno rilevato le irregolarità.
Poi, il giudice Rossella Prignani ha convalidato il sequestro preventivo dell’immobile in contrada Caronte, a Lamezia, per «opere edilizie realizzate in assenza delle apposite autorizzazioni, in zona a vincolo paesaggistico». Un sequestro effettuato d’urgenza «per impedire la protrazione della condotta illecita».

 

Come accennato, non è la prima volta che i parenti del parlamentare finiscono al centro di inchieste della magistratura calabrese.
Nel 2018, in esecuzione di una sentenza emessa dal Tribunale di Catanzaro, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, del Comando provinciale e del Gruppo di Lamezia Terme, avevano sequestrato al suocero beni per ben 200 milioni di euro. In relazione a questa vicenda, il nome di Mazzei è saltato fuori anche nella più recente inchiesta che ha travolto il giudice Marco Petrini, accusato di vendere favori giudiziari in cambio di sesso e regali.


Nel 2012, Mazzei aveva già dovuto rispondere, insieme alla moglie, del sequestro di un altro centro benessere a Gizzeria, lungo l’autostrada, poi restituitogli nel 2016 e infine di nuovo sottratto dai giudici alla sua disponibilità.

 

Insomma, il settore della cura del corpo sembra essere il core business della famiglia Furgiuele. Lo si deduce anche dai toni dell’accorato appello con cui pochi giorni fa il parlamentare leghista ha sollevato il problema della chiusura di questi esercizi commerciali: «Nella vicina Svizzera i parrucchieri sono tornati al lavoro attuando norme di sicurezza e di prevenzione. Nel nostro Paese, invece, il governo dei pasticci e della confusione ha scelto di affossare anche questa categoria preziosa di lavoratori». Uno slancio che finora, però, non gli consentito di ottenere grandi risultati, visto che il suo emendamento sulla riapertura anticipata dei parrucchieri è stato bocciato.