Cene e summit con esponenti delle cosche di ‘ndrangheta del crotonese e del reggino per mantenere l’egemonia nel settore delle costruzioni. È il Tribunale di Catanzaro a confermare la presunta contiguità mafiosa del gruppo imprenditoriale Lobello, con il decreto di confisca emesso questa mattina per un valore di 160 milioni.

Legami che i tre imprenditori del catanzarese avrebbero coltivato nel corso del tempo; secondo la ricostruzione del nucleo di polizia economica e finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro già a partire dagli anni 2000.

Il tenore di vita, la frequentazione con pregiudicati e mafiosi e i precedenti penali sarebbero spie della pericolosità sociale dei tre imprenditori già condannati in primo grado: Giuseppe Lobello a 8 anni e 10 mesi di carcere, Antonio e Daniele Lobello a 4 anni e 8 mesi di reclusione. Gli investigatori datano i primi contatti agli anni 2000: un summit interprovinciale di ‘ndrangheta nei cantieri del gruppo imprenditoriale a cui avrebbero preso parte esponenti della cosca cosentina Perna-Ruà e di San Leonardo di Cutro con vista sui lavori di ammodernamento dell’autostrada nel tratto Pizzo-Cosenza.

Altri contatti sarebbero stati censiti, inoltre, con le cosche reggine per la realizzazione di un progetto comune riguardante la costruzione di una struttura turistico alberghiera a Simeri Mare. Sarebbe stato Daniele Lobello, insieme a Giuseppe Rustico, 44 anni, esponente del clan Rustico-Mazzagatti-Polimeni, ad incontrare un ingegnere per discutere di interessi condivisi orbitanti nella fornitura di cemento.

Il clan, secondo la ricostruzione, inserito nel settore della produzione e commercializzazione del cemento avrebbero utilizzato i rapporti con il gruppo imprenditoriale per costituire un vero e proprio cartello.

I Lobello li avrebbero introdotti, fungendo da mediatori e organizzando cene, con i responsabili di istituti di credito di Catanzaro per consentire e Giuseppe Rustico di ottenere fidi e linee di credito senza garanzia per le sue imprese.

Rapporti tanto intensi, da quanto emerge da informazioni di polizia giudiziaria, da ritenere Antonio Lobello vincolato da stretti legami personali con i massimi esponenti anche della cosca mafiosa degli Arena. Agli atti anche un incontro “de visu” del figlio Giuseppe con il boss Nicolino Grande Aracri per risolvere problemi del gruppo imprenditoriale ma soprattutto per soddisfare gli appetiti della cosca che in quel periodo (si è nel 2012) erano rivolti al costruendo villagio Eucaliptus di Simeri Crichi.

Gli imprenditori, secondo i racconti forniti dai pentiti, non erano vittima di usura ma, al contrario, si sarebbero loro stessi occupati della raccolta dei proventi estorsivi versati da altri imprenditori per finanziare le attività di impresa. In cambio la protezione e il mantenimento dell’egemonia nel settore dell’edilizia.