VIDEO | La voce di uno dei magistrati migliori d’Italia: «Serve riorganizzare gli uffici giudiziari ma è come predicare nel deserto»
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All’ultimo piano del Palazzo di giustizia di Lamezia Terme, sta un magistrato che, se si potesse convertire in entrate per lo Stato il valore della cocaina che ha sequestrato nel corso della sua carriera, verrebbe risanato il debito pubblico. E se non tutto almeno in buona parte. Salvatore Curcio, capo di una piccola Procura di trincea, è una sorta di secondo Gratteri. Meno noto ai media italiani, come il capo della distrettuale di Catanzaro ha però vissuto sempre “pericolosamente” la sua vita in toga: sempre integerrimo, per intenderci, ma perennemente sopraesposto al rischio di vendette e ritorsioni; sempre in silenzio e lontano dai riflettori, vuoi anche per quel carattere così schivo, e sempre in prima linea.
A caccia di mafiosi di rango, di commistioni mafio-massoniche e istituzionali, di narcos e mega partite d’oro bianco, dai tempi della maxioperazione “Galassia” alla nomina come procuratore, per Salvatore Curcio di tempo ne è passato. “Decollo”, una delle più grandi indagini contro il narcotraffico su scala internazionale, fu lui a coordinarla.
Tra i porti di Gioia Tauro e Salerno coi carabinieri del Ros fece sequestrare 800 chili di cocaina, l’affidò ad un consulente a cui chiese, tra i vari quesiti, quanto ci avrebbe ricavato la ‘ndrangheta dalla droga che avrebbe poi immesso sul mercato. La risposta fu: un miliardo e 430milioni di euro, in vecchie lire 2mila 270miliardi… Ed erano, quei circa 800 chili, solo una parte dei 5.600 chili sequestrati grazie ad operazione “Decollo”. E quei 5.600 chili solo una parte di tutto il resto.
Alcune sue indagini, sia approdate a giudicati definitivi, sia ancora oggi pendenti alla fase dibattimentale, sembrano la trama di un action movie, ma raccontano capitoli, saghe, epoche di storia e di traffici criminali. Salvatore Curcio forse il primo ad avvalersi di un privato come ausiliario della polizia giudiziaria, in forza ad una riforma varata dopo l’attentato dell’11 settembre.
D’intesa col Comando generale dell’Arma, fece infiltrare l’allora collaboratore di giustizia Bruno Fuduli in una rete planetaria di narcotrafficanti. Più recentemente, nella sua ultima inchiesta da aggiunto alla Dda di Catanzaro, firmò l’indagine “Overing”, sfruttando due agenti sotto copertura come infiltrati negli affari tra i broker ed i cartelli sudamericani. Insomma, Curcio è uno che sta parecchio al di sopra della media.
Oggi - spiega - sta «sempre e comunque in trincea». Anche se da una postazione diversa. La sua Procura lavora, ma con molta fatica. Cinque sostituti (quattro adesso, considerando che una pm ora è in maternità) sono «troppo pochi». Eppure Lamezia Terme è una delle città più grandi della Calabria, uno dei circondari più vasti e delicati. «In questi anni – spiega il procuratore capo – non me ne sono stato con le mani in mano, ho cercato di farmi sentire in ogni dove, ma a volte è stato come predicare nel deserto…».
«Bisognerebbe – spiega Salvatore Curcio – riorganizzare il sistema giudiziario e restituire dignità ad avamposti come Lamezia Terme». E ancora: «Sinceramente mi difficile realizzare perché la polizia giudiziaria investe uomini e mezzi nel comprensorio e nella città di Lamezia Terme ed il settore giustizia non fa altrettanto. Si potrebbe ragionare a lungo sui flussi, sulle sopravvenienze. Ma io posso assicurare che altre Procure del distretto di Corte d’appello di Catanzaro, che servono un’utenza di gran lunga inferiore rispetto a quella di Lamezia Terme e che hanno dei carichi di lavoro assolutamente similari viaggiano con cinque sostituti almeno, mentre la Procura di Lamezia Terme, da questo punto di vista rappresenta un po’ la “pecora nera” del gruppo. Resta il fatto che fin quando resteremo qui andremo avanti con le forze che ci sono in campo cercando di dare sempre e comunque il massimo».