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È stato assolto per non aver commesso il fatto il medico anestesista Stefano Barillà, accusato di omicidio colposo nei confronti di Lauretta Pugliese, la donna morta in una clinica di Villa San Giovanni il 12 ottobre del 2011, a seguito di un intervento chirurgico di artoplastica con artoprotesi alla gamba destra, nella clinica “Villa Caminiti” di Villa San Giovanni.
La vicenda
Lauretta Pugliese, originaria di Caria, frazione del Comune di Drapia, muore ad appena 44 anni. La donna è ricoverata l’undici ottobre in condizioni buone per un intervento neppure eccessivamente complicato. La situazione però degenera poco dopo l’operazione. La Pugliese, infatti, torna in stanza in uno stato di incoscienza e, a distanza di qualche minuto, cessa di vivere. Con lei c’è la figlia Annalisa che, da quel momento, intraprende una vera e propria battaglia giudiziaria per fare chiarezza sulle cause che hanno condotto al decesso della madre.
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Le perizie
Il pm Rosario Ferracane, già nell’ottobre del 2011, a pochi giorni dal fatto, conferisce a due periti l’incarico di effettuare una consulenza medico-legale per ottenere informazioni più precise sul caso. Si effettuano non solo esami autoptici, ma anche istologici e tossicologici. E questa prima consulenza fa emergere come l’operato dei chirurghi sia corretto, mentre l’attenzione viene rivolta all’attività dell’anestesista, che avrebbe effettuato un dosaggio errato di farmaci, così come la loro associazione. È a questo punto che il pm decide di chiedere il rinvio a giudizio di Barillà con l’accusa di omicidio colposo. Nei confronti di Barillà, la contestazione è quella di aver somministrato erroneamente alla paziente un volume/dosaggio di anestetici locali superiori a quelli richiesti. Ma, fra le altre accuse, c’è anche quella di aver prescritto la somministrazione alla paziente di farmaci inadatti, dall’uscita della sala operatoria, così provocando la cessazione delle funzioni cardiache e respiratorie, con conseguente decesso.
Tali risultati, però, sono da subito contrastati dalla difesa di Barillà, con una diversa perizia di parte nella quale si parla di conclusioni affrettate e insufficienti per un rinvio a giudizio. Il gup, però, dispone che si proceda con il processo davanti al giudice monocratico del Tribunale di Reggio Calabria. Viene disposta una perizia da parte dello stesso magistrato giudicante che conferma in parte quanto espresso dalla consulenza del pm. Sì, in effetti ci fu un errore da parte dell’anestesista, sia per quanto riguarda la quantità di farmaci che dell’associazione, ma gli effetti si sarebbero dovuti produrre immediatamente e non dopo quattro ore. Non è stato quindi ravvisato un nesso di causalità fra la somministrazione di quei farmaci e l’evento morte.
Le cause del decesso
La perizia disposta dal giudice, però, si è spinta oltre ed ha stabilito come, con un alto grado di probabilità, le cause del decesso siano da attribuirsi ad un’errata somministrazione di un potente farmaco analgesico. Una quantità eccessiva, dunque, ha iniziato a scorrere nel corpo di Lauretta Pugliese provocandone la morte. La prescrizione fatta da Barillà, però, era corretta. Da qui la sua assoluzione per non aver commesso il fatto.
Ora, si attendono le motivazioni della decisione del giudice, sebbene, per buona parte siano già note. Bisognerà capire se si procederà ad ulteriori indagini per stabilire chi materialmente somministrò la quota errata di farmaco, così da provocare la morte di Lauretta Pugliese. Anche se la prescrizione ormai incombe e probabilmente dal punto di vista penale non si potranno ottenere risposte certe. Da quello civile, invece, come confermato dagli avvocati della famiglia Fusca, Pino Rombolà e Salvatore Francesco Campisi, la strada è ancora pienamente aperta, anche perché una cosa è ormai accertata: Lauretta Pugliese è morta per un caso di “malasanità”.
Consolato Minniti