GIOIA TAURO - Immettevano sul mercato internazionale cocaina purissima proveniente dal Sudamerica bypassando i controlli del Porto di Gioia Tauro grazie alla complicità di alcuni portuali infedeli. E’ questo il principale spunto investigativo dell’inchiesta denominato “Puerto Liberado 2”, secondo capitolo dell’operazione messa a segno sempre dallo Scico di Roma e dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria lo scorso 24 luglio.

 

I provvedimenti. Diciotto le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Quindici quelle eseguite dalle fiamme gialle. Per dieci indagati il fermo si è dunque trasformato in arresto. Al momento però tre persone sono irreperibili. Tra le cinque persone finite in manette questa mattina ci sono diversi dipendenti portuali. C’è, ad esempio, e Francesco Trimarchi, 45 anni, detto il Merlo, dirigente della Mct, la società di gestione della banchina merci del porto di Gioia Tauro, già arrestato in flagranza di reato il 6 ottobre del 2011 mentre tentava di allontanarsi a bordo di un furgone con 560 kg di cocaina purissima. E tra gli indagati c’è pure chi, come Giuseppe Brandimarte, ritenuto dagli investigatori uno dei capi della banda di presunti narcotrafficanti, si muoveva con un’auto blindata per proteggersi da eventuali attentati. Vivo per miracolo, nel 2011 era stato infatti gravemente ferito.

 

Sequestri patrimoniali. Oltre alle misure cautelari, i finanzieri hanno eseguito sequestri beni mobili ed immobili per un valore di circa 10 milioni di euro. Dalle indagini patrimoniali sarebbe emersa a carico di diversi indagati una sperequazione tra quanto dichiarato ed i beni effettivamente posseduti. Sotto sequestro anche tre lussuose ville, una delle quali dotate di piscina con statue di pietre ed un’altra addirittura fornita di un bunker. (mf)