«Siamo pronti a mobilitare i cittadini con una manifestazione di protesta davanti all’ospedale». È quanto ha dichiarato il vicesindaco di Gioia Tauro, Valerio Romano, che continua a non mandare giù il modo in cui il Comune ha appreso della volontà dell’Asp di aprire un reparto Covid nel nosocomio cittadino. «Solo per caso siamo venuti a sapere di un sopralluogo tecnico – prosegue l’amministratore – in cui è stato fatto il punto della situazione e solo a quel punto ci è stato comunicato che si pensa di trasferire qui i degenti usciti dalla fase acuta, ovvero quanti non hanno più bisogno della terapia intensiva dell’ospedale di Reggio Calabria».

 

Non è solo una contestazione rispetto alla forma. La seconda ondata sta mettendo a nudo anche un difetto di comunicazione fra enti, ma nel caso di Gioia Tauro ce l’hanno con l’azienda anche per via di vecchie promesse. «Noi siamo a pronti a dare il nostro contributo per l’emergenza sanitaria – prosegue Romano – ma non siamo  disponibili a fare un salto nel buio in assenza di un Piano che assicuri che in questo ospedale si apriranno anche i reparti previsti nell’Atto aziendale e che lo stesso management attuale, non più tardi del giugno scorso, aveva autorevolmente confermato». L’azienda vorrebbe attivare quei 20 posti per infettati che aveva annunciato nel primo confinamento, ma, visto che l’inefficienza del sistema ospedaliero è uno dei motivi che ha fatto diventare la Calabria zona rossa, a Gioia Tauro non ci stanno a far bloccare un ospedale – visto il rischio trasmissione del contagio che ne deriverebbe – senza garanzie per il futuro.

 

«L’Atto aziendale – conclude Romano – assegna nuovi reparti di Medicina, Chirurgia, Cardiologia e Lungo degenza. In più, il direttore Bray aveva garantito l’arrivo di una Tac che non si è mai vista: siamo stanchi di offrire senza ricevere un diritto alla salute degno di un paese civile».