«La malasanità calabrese esiste. Non è un fatto inventato». Con gli occhi lucidi e la voce spezzata dall’emozione, Mario Mazzei - 81enne di Fuscaldo - ha così stigmatizzato quanto accaduto nel caso di suo figlio Gianni, deceduto mentre passeggiava per le vie del paese a causa di un presunto attacco cardiaco.

Nello sconforto di un tono appesantito dal recentissimo lutto, l’anziano capostipite di una famiglia estesa fino ai pronipoti, ha commentato la sequela di eventi immediatamente precedenti alla morte del figlio, analizzando - con la lucidità derivante dal suo essere ex dipendente dell’azienda sanitaria - tutte le anomalie che hanno caratterizzato l’intervento di primo soccorso.

Leggi anche

«Sono cose che potrebbero accadere nuovamente - ha specificato - e questo non è tollerabile. Quello alla salute è uno dei diritti fondamentali della persona umana, che non può essere sacrificato sull’altare dei bilanci aziendali. Lasciare che un’intera fascia costiera resti, in estate, nelle stesse condizioni di dotazione strumentale disponibile nelle altre stagioni, quando il tasso di popolazione è drasticamente inferiore all’attuale, è un atto irresponsabile» - è l’amaro sfogo di Mario Mazzei-

«L'ambulanza è dovuta partire da Amantea, - continua l'uomo - un centro distante quaranta chilometri da Fuscaldo. Dalla chiamata alla centrale operativa, all’arrivo dei primi soccorsi, sono passati quarantacinque minuti, un tempo incompatibile con l’urgenza dell’intervento necessario. Gianni è rimasto steso a terra tre ore, perché tra i primi arrivati non c’era un medico, ma soltanto due membri formati dall’associazione che gestisce il servizio, che soltanto una volta compresa la gravità della situazione sono stati poi affiancati da altro personale sanitario, giunto però, insieme all’elisoccorso, quando ormai era troppo tardi».

«È stato un concatenarsi di situazioni paradossali - ha aggiunto Sonia Leta, giovane vedova di Gianni Mazzei e mamma di due figli in tenera età - alle quali continuo a pensare torturandomi nel dubbio. Nell’interminabile lasso di tempo trascorso fino all’arrivo dei primi soccorritori (senza medico, ndr), sono stata accanto a mio marito, l’ho guardato negli occhi, gli ho praticato il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. L’ho visto guardarmi, ho sentito la sua speranza battermi nel petto. Eravamo io e lui, tutto intorno era solo caos».

«Poi, dopo l’arrivo dei primi soccorsi - ha proseguito la donna - la situazione è precipitata, anche e soprattutto perché Gianni, ancora vivo, è rimasto a terra, lì dove aveva accusato il malore. Perché senza un medico a bordo dell’ambulanza, non era possibile caricarlo in barella, né trasferirlo altrove. Altri quarantacinque minuti, per un tempo complessivo di un’ora e mezza, è durata l’attesa per avere sul posto un medico e l’elicottero. Novanta minuti durante i quali mio marito ha lottato come un leone, rispondendo per ben quattro volte alla scarica del defibrillatore».

«L’arrivo del dottore - ha aggiunto Sonia Leta - è coinciso con un drastico cambio di passo nelle metodiche d’intervento, tuttavia non è servito a niente, se non a certificare la morte di mio marito. Gianni è spirato davanti a quasi tutto il paese, accalcatosi attorno fin quasi a toglierci l’aria, a terra con accanto solo noialtri, perché una volta certificato il decesso, non è compito dei sanitari farsi carico di spostare la salma».

«Un’altra ora e mezza - ha concluso il racconto la vedova di Gianni Mazzei - per un totale di tre ore steso sul luogo del malore, è durata l’attesa per l’intervento delle pompe funebri, per restituire dignità a mio marito, lasciato a terra alla mercé della strada, da dove anche una formica aveva preso a salirgli sul viso».

Dolore e rabbia

Fondatore e direttore della banda musicale “San Giacomo”, Gianni Mazzei era un volto noto a Fuscaldo, un punto di riferimento per la comunità e per la sua famiglia, rimasta orfana di un padre esemplare e di un marito amorevole, ma anche di un figlio adorato ed un fratello ricordato tra le lacrime, vittima di una serie di circostanze sulle quali occorrerà far luce, «per evitare che si ripetano in futuro - ha chiosato infine il papà Mario - perché altre persone sono andate incontro allo stesso destino di mio figlio Gianni, ed altre ancora potrebbero incappare nei medesimi disservizi. È ora che si intervenga radicalmente, innanzitutto facendo fronte alla penuria di ambulanze (di recente la Regione ne ha acquistato un blocco “di seconda mano”, ndr) e, principalmente, dotando ogni veicolo del personale necessario agli interventi, che non possono essere condotti in mancanza di medici e strumentazione adeguata».

«Quello che mi fa più male - è stata la conclusione di Sonia, moglie di Gianni Mazzei - è il pensiero che la prima ambulanza sia dovuta partire da Amantea, quando i centri ospedalieri di Paola e Cetraro distano da Fuscaldo solo poche decine di chilometri. Il dubbio che con un intervento più celere e competente mio marito si sarebbe potuto salvare, credo mi angustierà per tutta la vita, aggiungendo tormento al dolore per una perdita cui, insieme ai miei figli e a tutto il resto della famiglia, non riusciremo mai a rassegnarci».