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“Sono una vittima della ndrangheta e non un colluso. Non ho mai pagato il pizzo, sono sempre stato vittima di intimidazioni, tra le quali incendi e teste di capretto. Ho sempre denunciato tutto ma dalla polizia giudiziaria mi sarei aspettato una maggiore tutela”. E’ stato questo lo sfogo dell’imprenditore Franco Perri andato in scena durante la conferenza stampa indetta dai suoi legali all’indomani dell’operazione Nettuno 2 che ha messo i sigilli ad altre quote societarie legate ai familiari. Un incontro con la stampa quello voluto dai penalisti Francesco Pagliuso e Salvatore Staiano per riportare verità ed equilibrio nelle uscite mediatiche che hanno riguardato Perri dopo l’operazione di Andromeda, prima, e le operazioni Nettuno 1 e 2 dopo. In particolare, per gli avvocati è importante che l’opinione pubblica venga messa a conoscenza del fatto che il noto imprenditore lametino, la cui bara del padre fu trafugata nel 2003 proprio dalle cosche, non è indagato per associazione di stampo mafioso ma per concorso esterno e che proprio per questo ha avuto i domiciliari. La preoccupazione della famiglia Perri è che i sequestri fatti sui loro patrimoni, un giro di affari da 150 milioni di euro di fatturato annuo, possano portare alla chiusura delle aziende, con ovvie e pesanti ricadute su tutto il territorio calabrese. “Sono pochissime – ha spiegato Pagliuso – le aziende rimaste sane dopo simili provvedimenti, anche se i titolari sono stati poi scagionati”.
Una difesa a spada tratta quella fatta nei confronti di Perri che ricorda di avere sempre denunciato i tentativi di infiltrazione nelle sue aziende e di non avere mai ricevuto la solidarietà dell’Ala e delle associazioni antiracket, ma anzi, di essersi visto bocciare ben sei volte il suo ingresso in Confindustria. E a chi chiede come mai Perri abbia dato alcuni appalti legati ai lavori del suo centro commerciale agli Iannazzo, risponde Pagliuso invitando a riflettere sul fatto che le stesse ditte hanno effettuati lavori all’aeroporto di Lamezia e perfino per la caserma dei carabinieri di Vicenza.” A parte le dichiarazioni dei pentiti - hanno sottolineato i legali - non ci sono altre circostanze che fanno ipotizzare possibili collusioni di Perri”. “ I collaboratori di giustizia hanno mentito – hanno detto chiaramente – chiedetevi perché”.
Tiziana Bagnato