Quasi dieci milioni di euro bruciati in interessi passivi. E la cifra, seppur piuttosto salata, rappresenta solo un parziale delle somme effettivamente sborsate dalle aziende sanitarie e ospedaliere calabresi per ottenere dalle banche una anticipazione di liquidità. Può anche accadere, infatti, che la Regione ritardi l’erogazione delle rimesse mensili e così a corto di denaro per il pagamento delle spese correnti, le aziende calabresi siano costrette a rivolgersi ai propri istituti tesorieri per avere una iniezione di liquidità, ma a caro prezzo.

Interessi svantaggiosi

Circa dieci milioni di euro è quanto hanno versato, appunto, nel 2020 sulla scorta di convenzioni sottoscritte con istituti di credito che contemplano spesso tassi di interessi a dir poco svantaggiosi per le casse degli enti pubblici. A titolo d’esempio, in quell’anno l’Asp di Reggio Calabria su un limite massimo di anticipazione di cassa di quasi 162 milioni ha sborsato tre milioni e quattrocentomila euro di interessi passivi, mentre l'anno precedente addirittura 4,1 milioni. 

L’azienda sanitaria provinciale di Cosenza ha bruciato nel 2020 oltre un milione e mezzo su una anticipazione massima di oltre 227 milioni e mezzo di euro, che – è bene spiegarlo - non è l’importo reale del prestito, ma solo il tetto massimo ipotizzato, mentre gli interessi si pagano sulla somma poi effettivamente erogata in base alle esigenze di cassa. L'anno prima, ad esempio, la stessa Asp ha speso 5 milioni di interessi passivi, fermo restano lo stesso tetto massimo di anticipazione.

Valanga di milioni

Ancora, l’Asp di Catanzaro per garantirsi 121 milioni e mezzo dal proprio istituto tesoriere ha dato “in cambio” oltre un milione di interessi passivi. L’Asp di Crotone un milione e 700mila euro per un’anticipazione massima di 68 milioni e mezzo. E così via di seguito per tutte le altre aziende sanitarie e ospedaliere che hanno bruciato milioni di denaro pubblico per far fronte a spese che avrebbero dovuto sostenere con gli stanziamenti del fondo sanitario, molto spesso liquidati in ritardo, in maniera parziale o a causa di un cronico sotto-finanziamento: 9 milioni e 374mila euro nel 2020. Ma la cifra è tutt’altro che esaustiva.

Pronta liquidità 

Il dato tiene conto, infatti, delle sole percentuali di interesse maturato sulle somme effettivamente erogate dalle banche e a queste commisurate. Oltre a ciò, quasi tutte le convenzioni sottoscritte in Calabria con gli istituti tesorieri prevedono una ulteriore commissione fissa che le aziende versano a titolo di messa a disposizione. Si paga per il sol fatto che la banca sia pronta a liquidare la somma, anche se poi questa nei fatti non viene neppure utilizzata o utilizzata in parte.

Pacchetto completo

Ad esempio, ci sono ancora oggi aziende che pagano quasi 100mila euro ogni trimestre per avere dalla banca la garanzia di una pronta liquidità; altre 500mila a trimestre per assicurarsi la disponibilità delle somme; altre ancora quasi 700mila, e via di seguito. Ma non è certo finita qua, il pacchetto completo prevede anche una ulteriore commissione sul transato, ossia un canone variabile che viene calcolato sul movimento finanziario effettivamente registrato sulle entrate correnti.

Una slavina di debiti

Insomma, una rete a maglie tanto strette da asfissiare i bilanci aziendali, tartassati dalle più svariate tipologie di interessi che producono a loro volta una slavina di debiti. Una situazione che, per la verità, la Regione ha iniziato di recente a monitorare chiedendo già nel gennaio scorso a ciascuna azienda un riscontro a cadenza mensile utile a valutare l’esposizione debitoria maturata nei confronti degli istituti tesorieri e «anche eventuali azioni di efficientamento delle risorse finanziarie».

La tagliola dell'8%

In altri termini, si valuta una più sollecita erogazione delle rimesse mensili che però, almeno a giudicare da una recente delibera pubblicata dall’azienda ospedaliera di Catanzaro, non si è ancora effettivamente trasformata in maggiore liquidità per le casse degli enti sanitari. L’ospedale Pugliese, infatti, per evitare di incorrere negli interessi di mora per il ritardato pagamento delle fatture nei confronti dei fornitori – che dopo 60 giorni schizzano all’8% - si è vista costretta a chiedere una anticipazione di cassa all’istituto tesoriere ai prezzi così negoziati. Nel 2021, a titolo d’esempio, 862mila euro di interessi bancari.

Azione di monitoraggio

Ancora ieri, di buon mattino, una nota del dipartimento Tutela della Salute sollecitava «con urgenza» alle aziende un «riscontro su anticipazione di liquidità verso il tesoriere per i mesi di gennaio e febbraio 2023» raccomandando «di trasmettere con cadenza mensile l’importo totale». Per ora ci si limita ad una azione di monitoraggio in attesa – si spera – di introdurre più vantaggiose condizioni economiche.

Un nuovo corso?

E non solo per le aziende del servizio sanitario. La stazione unica appaltante della Regione ha, infatti, indetto una gara centralizzata per l'affidamento del servizio di tesoreria della Giunta e di altri enti strumentali tra cui figurano anche Azienda Calabria Lavoro, Calabria Verde, Arcea, Aterp, Arsac, Arpacal, Artcal e la nascitura Azienda Zero. Al 31 marzo è fissata la scadenza della procedura di gara che prevede un importo a base d’asta di 24 milioni e 250mila euro. Poco più del doppio del denaro bruciato in un solo anno dalle nove aziende sanitarie e ospedaliere calabresi per interessi passivi.