In tanti denunciano di non avere potuto salutare i loro cari ma c’è anche chi ricorda la bassa scolarizzazione e inclusione dei cittadini rom. Lo sfogo di un membro della comunità: «Fa parte della nostra cultura»
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Da chi addita la comunità rom per la loro mancata capacità di attenersi alle regole, a chi invoca la mancata integrazione e le responsabilità della politica degli ultimi anni. Fatto sta che il video della folla di cittadini di origine rom che attende l’uscita della bara di un loro caro è diventata un caso nazionale e ha spaccato Lamezia.
Le parole del sindaco Mascaro
Per il sindaco Paolo Mascaro: «Non è accettabile che vi sia stata una così palese violazione delle regole della civile convivenza. Una comunità è tale, ed in essa possono pienamente reclamarsi i diritti, solo quando si accetta di rispettarne ogni regola. Non può esservi assembramento, neanche nel momento di più grande dolore; non può esservi violazione di una regola posta a tutela dell’intera collettività. È doveroso, senza polemiche e senza aizzare odio, che vi sia immediato intervento per chiarire come sia potuto accadere ciò che tutti abbiamo visto e per adottare gli inevitabili provvedimenti verso chi ha violato in modo eclatante la normativa e verso chi ha consentito che la normativa venisse violata».
La città si divide
In tanti battono il leit motiv “a loro è tutto concesso”, evidenziando come più volte la comunità rom si sia resa protagonista di violazioni di legge. Molti sui social si sfogano raccontando i lutti subiti in queste settimane e l’amarezza di quel dolore strozzato tra poche mura affiancato dal rimpianto di non avere potuto dare un degno saluto ai loro cari.
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C’è poi chi è allarmato dalla conseguenze da punto di vista sanitario. Nel video, sul quale sta indagando per l’identificazione dei partecipanti al rito funebre la Polizia di Stato, si vedono persone senza mascherine e senza alcuna distanza di sicurezza. C’è chi chiede l’isolamento del quartiere Ciampa di Cavallo, in una sorta di zona rossa con quarantena obbligatoria per tutti e chi l’intervento dell’esercito.
Piccioni: «Vanificati gli sforzi della città»
Per Rosario Piccioni, consigliere comunale di opposizione, quanto avvenuto non è giustificabile: «Penso a tutto questo e non riesco davvero a capacitarmi di quanto sia accaduto ieri nella nostra città. Preferisco non pensare a come per pochi irresponsabili si possano vanificare gli immani sforzi di un'intera comunità che da ormai 45 giorni rimane a casa». «Indipendentemente dal demonizzare un quartiere e i suoi abitanti, in cui risiedono famiglie rom, la violazione delle leggi e i comportamenti irresponsabili devono essere perseguiti senza se e senza ma» afferma il consigliere di opposizione Ruggero Pegna. Sempre dall’opposizione Eugenio Guarascio chiede con urgenza di «assumere immediati provvedimenti a protezione della comunità lametina, attivando, nel frattempo che magistratura e forze dell'ordine accertino violazioni di legge ed eventuali responsabilità penali, tutte le misure di profilassi e contenimento di possibili contagi».
L'onorevole Napoli: «Criminali»
C’è chi invece allarga l’analisi alla mancata scolarizzazione e inclusione, come il regista Francesco Pileggi: «Se fossero andati a scuola, se avessero potuto studiare per capire il pericolo che stanno correndo loro in prima persona, le loro famiglie, e poi il rischio che stanno facendo correre a tutta la comunità, se avessero potuto farlo, così come l'abbiamo fatto noi, oggi non staremmo qui a commentare». Categorica su facebook l’onorevole Angela Napoli: «Purtroppo ai rom di Lamezia troppe illegalità sono state e continuano ad essere consentite! Chiamatemi pure "razzista" ma i rom di Lamezia sono dei criminali», ha commentato.
«Fa parte della nostra tradizione»
A commentare la vicenda su facebook anche un cittadino rom: «Noi rom ci teniamo molto quando accade che un altro rom ci lasci per sempre, soprattutto se è giovane e con una famiglia, un lavoratore, una persona che non ha fatto male a nessuno. Amava la famiglia, parenti,amici e nemici. Queste cose e altre cose fanno parte della nostra cultura e della nostra vita».