La Finanza di Como ha sequestrato documentazione scottante e di interesse internazionale. Giuseppe Zinnà coinvolto nel 2004 nell’inchiesta Decollo sul traffico mondiale di cocaina
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Indagini a tutto campo da parte della Procura di Como e della Guardia di finanza – Gruppo Ponte Chiasso – per far luce su un’ipotesi di riciclaggio che vede fra i principali coinvolti anche un vibonese. E, questa volta, la cifra in ballo è di quelle da fare sobbalzare dalla sedia chiunque. Si parla infatti della stratosferica cifra di ben cento milioni di euro.
Fuori dagli spazi doganali, nei pressi del valico turistico di Maslianico, in provincia di Como, il Gruppo Ponte Chiasso della Guardia di finanza ha infatti fermato un’autovettura Alfa Romeo 166 guidata da Giuseppe Zinnà, 56 anni, di San Calogero, con a bordo Ghazvini Alì Khanniarak, 38 anni, cittadino iraniano nato a Teheran, Simone Baglione, 45 anni, di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, e Karim Yussufi, 61 anni, nato in Afghanistan e residente in Germania.
Giuseppe Zinnà e gli altri passeggeri, alla domanda di rito se avessero merce o valuta da dichiarare, hanno risposto negativamente. Dal controllo dei bagagli, la Guardia di finanza si è però accorta che nella disponibilità di Giuseppe Zinnà vi era documentazione di interesse valutario e un assegno bancario nella disponibilità di Ghazvini Alì Khanniarak. L’assegno in questione, emesso dal Credit Suisse di Ginevra ammonta a ben cento milioni di euro ed è stato rilasciato a nome di Alì Asghar Moradi ed emesso il 5 ottobre 2018.
L’assegno è stato quindi sequestrato dal pm Simona De Salvo della Procura di Como, unitamente ad un contratto per la vendita di milioni di The Billion Coin (valuta virtuale) a garanzia del quale vi era l’assegno da cento milioni di euro. Sotto sequestro, poi, una lettera nella disponibilità di Ghazvini Alì Khanniarak, emessa dal Credit Suisse di Ginevra – filiale Avenue Louise Casal – a favore di Alì Asghar Moradi scritta in inglese, nella quale si evidenzia che l’assegno è pagabile nelle citibank d’Europa, e quindici fogli relativi a documentazione (in lingua inglese e tedesca) di una procura tra l’acquirente Alì Asghar Moradi e il venditore Mosayeb Nawkhasi, entrambi cittadini iraniani. La procura prevedeva la compravendita di The Billion Coin (TBC) fra i due iraniani con delega in favore di Karim Yussufi, cioè lo stesso afghano fermato in macchina con Giuseppe Zinnà, indicato come rappresentante del venditore. Il pagamento del contratto di compravendita doveva essere effettuato tramite l’assegno bancario da cento milioni di euro.
Sotto sequestro, infine, anche un contratto fra Ghazvini Alì Khanniarak, il vibonese di San Calogero Giuseppe Zinnà ed il fiorentino di Campi Bisenzio Simone Baglioni relativo al pagamento di quattordici milioni e mezzo di euro da effettuare da parte di Ghazvini Alì Khanniarak all’atto dell’incasso dell’assegno da cento milioni di euro.
Tutto il materiale è stato sequestrato dalla Procura di Como in quanto ritenuto pertinente al reato di riciclaggio. Ghazvini Alì Khanniarak e Giuseppe Zinnà hanno provveduto a nominare quali difensori di fiducia gli avvocati Francesco e Paola Stilo. Sull’indagine vige il più stretto riserbo da parte degli inquirenti, ma potrebbero registrarsi a breve nuovi e clamorosi sviluppi, con l’inchiesta che appare destinata ad allargarsi ad altri personaggi di rilievo nazionale ed internazionale. Le sorprese, quindi, non dovrebbero mancare. La cifra dell’assegno sequestrato, del resto, parla da sola: cento milioni di euro.
Non sfuggono poi agli investigatori i precedenti del vibonese Giuseppe Zinnà. Nel 2004 è rimasto coinvolto (ed è stato condannato) nella storica operazione della Dda di Catanzaro denominata “Decollo” e che ha colpito la rete internazionale del traffico di cocaina. Giuseppe Zinnà veniva indicato fra i principali responsabili del traffico di stupefacenti unitamente a Vincenzo Barbieri (poi ucciso a San Calogero il 12 marzo 2011) e Francesco Ventrici (attualmente in carcere per narcotraffico). Nel 2005 gli sono stati sequestrati beni per un milione di euro, mentre nel 2008 è rimasto coinvolto nell’operazione della Dda di Catanzaro (poi passata alla Procura di Vibo) denominata “Caorsa” il cui processo è ancora in corso. Nel maggio scorso, la Procura di Vibo ha chiesto per tutti gli imputati – insieme a Zinnà anche esponenti della famiglia Mancuso di Limbadi e La Rosa di Tropea – la prescrizione del reato di usura.