Ha trascorso la notte nel carcere di Cosenza Giuseppe Servidio, 52 anni, per effetto del provvedimento di fermo emesso nei suoi confronti dal pm di turno Domenico Frascino, della Procura di Cosenza. L'uomo al culmine di una lite, avrebbe assassinato la moglie 42enne Sonia Lattari, tra le pareti della loro abbitazione di Fagnano Castello.

Femminicidio Fagnano, rapporti della coppia deteriorati 

Assistito dal suo legale di fiducia, William Quintieri, davanti al magistrato si è avvalso della facoltà di non rispondere. Disposta intanto l'autopsia sul corpo della vittima. Ad innescare il delitto sarebbe stata la gelosia. Da qualche tempo i rapporti della coppia, con due figli adulti, erano deteriorati e i dissidi continui. Secondo alcune indiscrezioni già in passato i carabinieri erano dovuti intervenire per calmare gli animi, ma poi nessuno aveva sporto denuncia e l'episodio era rimasto isolato.

Femminicidio Fagnano, la chiamata ai carabinieri di Servidio

Servidio, camionista e operaio saltuario, aveva trascorso alcuni anni all'estero, in Corsica, per lavoro, prima di rientrare definitivamente nel suo paese d'origine. Almeno una decina i fendenti diretti all'addome inferti da Servidio alla povera Sonia con un coltello da cucina. Ancora sporco di sangue e tornato in sé, l'uxoricida avrebbe chiesto aiuto, ma era ormai troppo tardi per salvare la vita della donna.

Femminicidi inarrestabili

Sonia Lattari è l'ennesima vittima di femminicidio in Italia. Ieri un'altra donna era stata uccisa dall'ex marito nel bresciano. Dall'inizio dell'anno si contano 45 morti. Il massacro segue un suo rigido, macabro copione, punteggiato da uomini gelosi o che non accettano la fine di una relazione e che non esitano a lasciare i propri figli orfani.

«Il fatto è stato ricostruito nei suoi dettagli e c'è poco da aggiungere, - dice all'Agi il procuratore capo di Cosenza, Mario Spagnuolo - ma c'è da dire invece che in questo momento in Procura abbiamo un numero elevatissimo di denunce per reati di violenza di genere ed è un trend che è in crescita, e noi provvediamo in tempi rapidi per avere le giuste misure contro gli autori e anche processi e sentenze».

«Vuol dire che la struttura repressiva contro questi reati funziona, ma non è sufficiente questo - dice ancora il procuratore - perché resta fuori da questo contesto lo spettro di situazioni in cui, troppe volte, il soggetto debole non intende denunciare. Troppe volte ematomi e ferite vengono giustificati in termini non credibili, quando arriva la polizia sul luogo delle violenze. E allora invitiamo a denunciare, perché abbiamo tutta una struttura di supporto per affrontare i drammi di queste persone, se si affidano a noi. La persona violenta - aggiunge Spagnuolo - è in fondo una persona fragile, debole, che cerca di sopperire con la violenza alla mancanza di credibilità, di carisma, al fatto che non riesce più a portare avanti positivamente il suo rapporto di coppia, ma sono temi che devono affrontare i professionisti deputati allo scopo. Noi invece dobbiamo tutelare le persone offese, impedire che si verifichino fatti di violenza fisica o psichica, ma questo si può fare solo dopo che ci arriva una denuncia, altrimenti abbiamo le mani legate».