Una mazzata. La condanna di Danilo Iervolino ha fatto rumore sui media nazionali. Il patron della Salernitana è uno tra gli imprenditori più liquidi d’Italia: la cessione miliardaria di Unipegaso (che è estranea all’inchiesta ed era parte civile) al fondo Cvc – operazione stimata circa un miliardo di euro, anche se non ci sono conferma ufficiali – lo ha messo sotto i riflettori della galassia economico-finanziaria. E proprio una vicenda che riguarda Unipegaso ha portato al processo che è sfociato nella condanna a 4 anni disposta dal gup del Tribunale di Napoli Enrico Campoli.

La storia ruota attorno all’università telematica proprio perché nella sua sede di Napoli si sarebbe consumato il reato principale, quello che ha attribuito la competenza delle indagini alla Procura partenopea.

Cavallaro, la Cisal e lo scambio di favori al ministero

Serve un passo indietro per raccontare la genesi di quello che i pm e il giudice di primo grado ritengono un presunto caso di corruzione. Il passo indietro incrocia Francesco Cavallaro, segretario nazionale della Cisal, sindacato molto presente nel pubblico impiego. All’epoca in cui Cavallaro era intercettato dalla Dda di Catanzaro la sua parabola ha incrociato quella di una ex dirigente del ministero del Lavoro, Maria Concetta Ferrari. Secondo l’accusa, il sindacalista originario del Vibonese ma che opera ormai da anni a Roma sarebbe riuscito a ottenere da Ferrari un favore fondamentale per la Cisal: la scissione parziale e non totale del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal.

Questione tecnica ma vitale per mandare avanti le attività del sindacato: con la scissione parziale, Cisal avrebbe conservato patrimonio, beni e sovvenzioni pubbliche nonostante un precedente parere contrario del ministero.

Il contratto in Unipegaso per il figlio della funzionaria 

È a questo punto che nell’inchiesta appare Unipegaso: le indagini, infatti, mostrano una certa facilità da parte di Cavallaro a muoversi tra contratti e questioni dell’università di Iervolino. Nel caso in esame, il segretario della Cisal avrebbe concordato con Iervolino e il management dell’ateneo l’assunzione del figlio di Ferrari come docente. L’ingegnere Antonio Rossi è stato retribuito con circa 68mila euro in tre anni (denaro sequestrato dalla Guardia di finanza di Napoli), Ferrari – anche lei a processo ma con rito ordinario – invece avrebbe avuto in regalo da Cavallaro una borsa Louis Vuitton e una soggiorno a Tropea.

Cavallaro e Iervolino condannati, perché il processo a Napoli

Torniamo alla competenza: il reato principale, cioè la firma del contratto di assunzione di Rossi in Unipegaso, si sarebbe consumato a Napoli. Da qui l’attribuzione alla Procura partenopea (pm Henry John Woodcock) al cui vertice nel frattempo è arrivato Nicola Gratteri, che guidava la Dda di Catanzaro ai tempi delle intercettazioni confluite nell’inchiesta che ha portato alle condanne in rito abbreviato, cioè con sconto di pena. Come già detto: 4 anni per Iervolino e 5 per Cavallaro al quale il sindacato Cisal ha già espresso solidarietà e confermato fiducia.

L’inutilizzabilità delle intercettazioni

Proprio sulle intercettazioni provenienti dalla Procura di Catanzaro si è consumata parte della battaglia legale nel processo. La Cassazione ha deciso di renderle inutilizzabili. Secondo la Procura, l’inutilizzabilità di queste captazioni ha fatto crollare le accuse di corruzione contro un altro indagato, Francesco Fimmanò, per il quale gli stessi pm avevano sollecitato l’assoluzione dal reato più grave e la sua derubricazione in traffico di influenze illecite. L’assoluzione è arrivata con la formula piena «per non aver commesso il fatto»: saranno le motivazioni a spiegare quanto quella cancellazione abbia pesato sulla posizione dell’imputato. E sempre dalle motivazioni si capiranno le ragioni delle condanne che hanno fatto più rumore e per le quali è già stato annunciato che ci sarà appello.