Coinvolto in uno stralcio dell'inchiesta Reventinum, il penalista era accusato di aver favorito la latitanza di Daniele Scalise e di aver istigato azioni violente contro Francesco Pagliuso
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Confermata anche in secondo grado l'assoluzione di Antonio Larussa, avvocato lametino, coinvolto in uno stralcio dell'inchiesta Reventinum che ha fatto luce su mandanti ed esecutori dell'omicidio di Francesco Pagliuso, assassinato nell’agosto del 2016 dinnanzi la sua abitazione di Lamezia Terme.
La Corte d'Appello ha oggi confermato l'assoluzione già pronunciata in primo grado dal gup di Catanzaro. Antonio Larussa rispondeva del reato di favoreggiamento e concorso in violenza privata aggravata dalle modalità mafiose per aver favorito la latitanza di Daniele Scalise, esponente apicale dell’omonima famiglia radicata a Soveria Mannelli ma inglobata nella cosca Giampà di Lamezia Terme e legata alle famiglia Iannazzo-Cannizzaro-Daponte.
Secondo le accuse, lo avrebbe aiutato a sottrarsi alle ricerche accogliendolo più volte nel suo studio legale. Rispondeva, inoltre, anche dell’accusa di violenza privata perché avrebbe istigato esponenti della famiglia Scalise a malmenare e minacciare l’avvocato Francesco Pagliuso, all’epoca legale difensore di Daniele Scalise. Secondo la ricostruzione della Procura, Pagliuso sarebbe stato incappucciato e trascinato in un bosco dinnanzi ad una buca con la minaccia di essere scaraventato dentro per aver commesso errori nella linea difensiva.
La Procura Generale aveva appellato la sentenza di primo grado e chiesto la condanna a tre anni di reclusione per l'avvocato lametino, richiesta a cui si erano associate anche le parti civili: la Camera penale di Lamezia Terme rappresentata dall'avvocato Nicola Veneziano e Salvatore Staiano e Nunzio Raimondi in rappresentanza dei familiari di Francesco Pagliuso. Confermata però l'assoluzione anche in secondo grado di Antonio Larussa, difeso dall'avvocato Francesco Gambardella.