Sei i professionisti rinviati a giudizio, il 10 gennaio al via il dibattimento per chiarire cosa accadesse al Gom. Coinvolti come parte offesa 14 malati di tumore
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Rinviati a giudizio l’ex primario del reparto di oncologia del Gom Pierpaolo Correale e il suo vice Rocco Giannicola. Entrerà nel vivo il 10 gennaio il dibattimento per accertare se siano stati somministrati «farmaci imperfetti» nel reparto di oncologia del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria durante la direzione dello stesso Correale. Sono in tutte sei le persone rinviate a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Narciso” arrivata a fronte dell’indagine dei carabinieri del Nas e del Nucleo Aifa. A processo anche la direttrice dell’Unità operativa della Farmacia del Gom, Maria Altomonte, il responsabile dell’Unità Farmaci Antiblastici Antonio Nesci, il dirigente medico del reparto di Oncologia Domenico Azzarello.
È stata, dunque, accolta la richiesta della Procura per fare luce sul trattamento terapeutico che vede coinvolti, come parte offesa, 14 pazienti in cura al Gom. A processo anche il presidente dell’associazione “Arco” (Associazione Ri-uniti Calabria) Francesco Antonio Provenzano.
L’ex primario e il suo vice sono a processo perché, secondo l’accusa «in concorso tra loro con più azioni del medesimo disegno criminoso somministravano ai pazienti presi in carico medicinali imperfetti. In quanto somministrati per indicazioni terapeutiche non previste dall’autorizzazione immissione in commercio degli stessi. Con posologia diversa da quanto prevista dall’A. I. C. in assenza dei presupposti fattuali e normativi tali da giustificare un ricorso a tali farmaci in regime di of-label. O per uso compassionevole e in assenza di protocolli clinici sperimentali autorizzati».
Denunce che i medici stessi del reparto hanno sporto riscontrando «anomalie» in alcune cartelle cliniche. Accuse pesanti, quelle che i colleghi hanno mosso contro Correale, che hanno portato ad attenzionare l’attività del reparto.
Ad emergere sono state le frizioni all’interno di un reparto composto da professionisti che spesso si sono trovati in contrasto con le decisioni prese da Correale tanto da contrastarle mentre altri, nonostante «la contrarietà e il dissenso eseguivano ugualmente i “protocolli” farmacologici disposti dal Correale e da Giannicola. I motivi di tali azioni sono state ricondotte dagli stessi medici, a pressioni, minacce e “punizioni”». In questo clima si sarebbe consumata la condotta che oggi dovrà essere dimostrato in aula.