Ciò che resta del presunto patto scellerato stretto tra la ‘ndrangheta rappresentata dai Grande Aracri di Cutro ed il dimissionario presidente dell’ormai disciolto consiglio regionale della Calabria Domenico Tallini - ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio - è una cattedrale spoglia ai margini dell’area industriale di Caraffa, al confine con San Floro. Era la sede del Consorzio Farma Italia.

Il Consorzio Farma Italia

Era stata concepita - emerge dalle intercettazioni valorizzate nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giulio De Gregorio - per alimentare un giro d’affari da «un centinaio di milioni di euro l’anno», grazie alla distribuzione del farmaci. Quelli da banco, tra farmacie e parafarmacie consorziate, e quelli anti-tumorali, il cui commercio estero - nelle direttrici tracciate durante un summit tenuto nella tavernetta del boss Nicolino Grande Aracri - doveva divenire il core business del Consorzio Farma Italia: sede legale a Roma, sede operativa, appunto, tra Caraffa e San Floro.

Il ruolo di Domenico Scozzafava


Mimmo Tallini non interagirà mai con i Grande Aracri; lo farà Domenico Scozzafava, suo «grande elettore», ovvero «l’uomo della pioggia» - come viene definito dal gip che ha condiviso le conclusioni a cui sono pervenuti il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla ed i pm Domenico Guarascio e Paolo Sirleo - del quale il potente politico catanzarese non poteva disconoscere il ruolo di collante, non solo coi Grande Aracri ma anche con il boss dei Gaglianesi Pierino Mellea. Tallini metterà a disposizione la sua influenza in Regione per rimuovere ogni ostacolo burocratico alla realizzazione del progetto, compresa la riorganizzazione dell’Area Lea del Dipartimento Tutela della Salute. In cambio otterrà appoggio elettorale e voti. Ed in quel consorzio farmaceutico, fulcro di tutto, lavorerà anche suo figlio Giuseppe.

La fine di un impero

Un’avventura imprenditoriale che durerà meno di quattro anni, malgrado fosse alimentata - secondo gli inquirenti - dalle pressoché illimitate disponibilità finanziarie dei Grande Aracri. Concepita tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, poi i libri in Tribunale e il 9 marzo del 2018 il fallimento. In mezzo a tutto questo, la fine di un impero. Il 7 giugno 2014 il summit nella tavernetta, poco più di sei mesi dopo, nella notte tra il 28 ed il 29 gennaio 2015, sull’asse Bologna-Catanzaro, scattano le parallele maxi-operazioni Aemilia e Kyterion: in tutto 197 arresti. Seguiranno, negli anni successivi, Kyterion 2 e Aemilia 1992.  Al superboss Nicolino Grande Aracri, “Mano di gomma”, questo filone giudiziario costerà l’ergastolo, reso definitivo dalla Cassazione il 6 giugno del 2019. Il Consorzio Farma Italia, come la Farmaeko srl (altra appendice della galassia imprenditoriale dei cutresi) il cui crack fu sentenziato il 2 febbraio 2018, è già sparito da un pezzo.

‘Ndrangheta e politica

E di tutto questo, del frutto dell’abbraccio fatale tra ‘ndrangheta e politica ricostruito nell’ultima inchiesta del pool di Nicola Gratteri, cosa rimane? Ci siamo stati per documentarlo. È un grande capannone, ancora nuovo all’esterno, circondato dai rovi. Si estende su circa duemila metri quadri, due corpi: uno più piccolo, quello che ospitava gli uffici, uno più grande, ovvero il magazzino, che custodiva i farmaci. Non è sigillato, non è protetto. Ci muoviamo lungo il perimetro, ci accorgiamo che qualcuno ha divelto parte della recinzione. Ha sistemato due mattoni, uno sopra l’altro, per creare un gradino e vi è entrato. L’accesso, chissà da quanto tempo, qui non è interdetto ad alcuno e qualche mal intenzionato s’è già introdotto. Ha portato via chissà cosa, lasciando i locali spogli e vandalizzati. Ma c’è ancora qualcosa d’interessante all’interno. E lo abbiamo documentato.