La difesa dell’ex presidente del consiglio regionale Mimmo Tallini, davanti al gip Giulio De Gregorio, al procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla ed al pm Domenico Guarascio, fa leva sulla sua presa di distanza dagli ambienti mafiosi e sulla rivendicata inconsapevolezza di chi si sarebbe nascosto dietro i suoi interlocutori nella costituzione del Consorzio Farma Italia. In pratica egli non sapeva - è per grandi linee la sintesi di quanto ribadito nel corso dell’interrogatorio di garanzia reso dopo gli arresti domiciliari che gli sono stati imposti nell’ambito dell’operazione FarmaBusiness - che dietro Domenico Scozzafava, il suo «grande elettore» di Sellia Marina, ammanicato sia coi Grande Aracri di Cutro che con il boss dei Gaglianesi Gennaro Mellea, ci sarebbe stata appunto la ’ndrangheta.

La versione fornita al giudice

In breve, sin dal 2014, egli avrebbe sostenuto con spirito onesto - anche burocraticamente, in Regione, forte del suo ruolo di assessore al Personale pro tempore - quella iniziativa imprenditoriale, perché ci credeva e perché gli era stata illustrata da quelle che, sempre nell’interrogatorio di garanzia, definisce come «persone competenti». Ma c’è un altro punto molto delicato nella difesa di Tallini: la genuinità del supporto elettorale ricevuto nel Crotonese in occasione delle elezioni regionali. E negli atti dell’ultima deflagrante indagine istruita dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro viene richiamata sia la tornata del 2014, sia quella del 2020.

Assistito dall’avvocato Vincenzo Ioppoli, Tallini, quindi, davanti al gip, nel ribadire di non aver mai chiesto supporto ad ambienti mafiosi, indica perfino i nomi dei suoi “grandi elettori” nel Crotonese, ovvero di coloro che lo avrebbero sostenuto votandolo e facendolo votare alle ultime competizioni elettorali. Gente a posto, spiega.

Scelte difensive - messe in atto nel corso di un interrogatorio di garanzia durato circa quattro ore - che mirano a confutare non solo le accuse condensate nell’attività investigativa del pool di Nicola Gratteri e dei carabinieri, ma anche le conclusioni a cui, nella sua ordinanza, il gip De Gregorio è pervenuto, riconoscendo non solo la sussistenza della gravità indiziaria ma anche le esigenze cautelari che hanno quindi mandato il potente politico catanzarese agli arresti domiciliari.

Domenico Grande Aracri

Per il giudice terzo che ha firmato la misura restrittiva, infatti, Tallini non poteva non sapere. Non poteva non sapere, ad esempio, chi era Domenico Grande Aracri. «Gli atti dimostrano che è Scozzafava, ‘ndranghetista sino al midollo, che lo mette in contatto con questo personaggio», testuale dall’ordinanza di custodia cautelare. Domenico Grande Aracri è un avvocato, sì, ma è anche il fratello di Nicolino Grande Aracri, un boss della ’ndrangheta di primaria grandezza, con uno spessore pari a quello di pochi altri capimafia italiani. E Domenico Grande Aracri era colui il quale sarebbe stato incaricato dal clan di seguire l’affare dei farmaci, reperendo anche i finanziamenti necessari.

«Tallini si era incontrato personalmente con Grande Aracri (Domenico, ndr) nel pomeriggio del 29 settembre 2014 nei locali del Consorzio, immediatamente dopo aveva mandato da Tallini il Macheda (Roberto Salvatore, commercialista di Crotone, non indagato, ndr)  per assicurargli voti. Tallini, che è consigliere regionale sin dall’anno 2005, sa bene che Grande Aracri Domenico è il fratello del boss Nicola», sempre dall’ordinanza. Ma nel provvedimento cautelare si legge ancora: «Ci mancherebbe altro che un candidato alle elezioni regionali non possa cercare voti in tutti i territori nei quali si esercita il diritto di voto. E non si può neppure affermare a priori che il fratello di un boss, peraltro, iscritto all’Albo degli avvocati, possa essere un rappresentante di interessi mafiosi. Questo in astratto, perché questi rapporti devono essere sempre contestualizzati. Ed allora ci si deve interrogare sulle ragioni per cui questi rapporti non si sviluppano alla luce del sole…». Rapporti mediati, quindi. Accortezze nelle conversazioni e linguaggio elusivo. L’interesse evidente di Domenico Grande Aracri, senza però che questi comparisse nelle compagini delle società farmaceutiche. Perché? Tallini poteva non sapere?

La buona fede del figlio

Tra le pieghe l’ordinanza FarmaBusiness emerge invece la buona fede di Giuseppe Tallini, figlio dell’ex presidente del consiglio regionale coinvolto in prima persona, come componente del Cda del consorzio farmaceutico e perfino come co-finanziatore della sciagurata iniziativa imprenditoriale. Emerge quando un dipendente gli rivela, in modo tutto sommato esplicito, come sulla “baracca” gravasse l’ombra del boss Nicolino Grande Aracri. Il giovane Giuseppe si spaventa e si irrigidisce e, davanti a questa sua reazione, gli altri “soci” - iniziando dall’amministratore delegato Paolo De Sole - mostrano evidente nervosismo. L’interesse del temutissimo capomafia doveva infatti restare sotto traccia - emerge dalle intercettazioni - perché questa avrebbe mandato in tilt fornitori e farmacie consorziate. E fare certe confidenze a Tallini jr è stato un errore. Ne discutono De Sole e Salvatore Grande Aracri, deus ex machina di Farmaeko e nipote di Nicolino e Domenico. Dalle loro conversazioni non emerge invece - sottolinea il gip - «alcuna preoccupazione in merito alle eventuali reazioni di Domenico Tallini, padre di Giuseppe».

Kyterion, campanello d’allarme

Siamo alla fine di agosto nel 2015. Ma a gennaio si era consumato un episodio di enorme portata, ovvero la maxioperazione Kyterion, che coinvolse i Grande Aracri. Anche l’avvocato Domenico fu arrestato, ma fu poi  scarcerato e scagionato dalle accuse. L’operazione ebbe una vasta eco sugli organi di stampa. «L’arresto di Grande Aracri Domenico doveva ben allertare Tallini, il quale, in quanto uomo pubblico, avrebbe dovuto prendere le distanze - scrive il gip De Gregorio - Ma il fatto che, nonostante ciò, il Tallini continuasse a seguire attivamente l’affare, altro non significa che lo stesso era ben consapevole della stretta contiguità del Grande Aracri Domenico alla cosca. Benché il Grande Aracri Domenico fosse poi liberato, gli atti del processo, resi pubblici, dimostravano che questi non aveva certamente preso le distanze dalla famiglia e ne condivideva comunque gli interessi. E di questo Tallini non può nascondere di essere consapevole».

Le intercettazioni di Scozzafava

Le argomentazioni logiche addotte dal gip, finiscono con il coniugarsi al contenuto delle intercettazioni acquisite dalla polizia giudiziaria per ciò che attiene, invece, il sostegno elettorale che la criminalità organizzata avrebbe assicurato a Tallini. Ed è ancora una volta Domenico Scozzafava - il «grande elettorale», «l’uomo della pioggia», il presunto «mafioso fino al midollo» - ad inguaiare l’ex presidente del consiglio regionale.

Un’intercettazione è molto importante per l’accusa. È il 22 novembre 2014. Scozzafava parla con un uomo che neppure sa esattamente che ruolo abbia Mimmo Tallini: «Ma lui cioè… Dov’è… Al Comune è assessore?». Gli chiarisce le idee: «Lui è pure assessore al Personale alla Regione». È la stessa intercettazione nella quale l’antennista di Sellia Marina arrestato dice: «Però sono stato stasera… C’era pure Abramo, il sindaco… Là, al coso, alla sede. E lui voti ne ha. Adesso vediamo… Ne ha parecchi. E no? Che glieli sto portando pure da Crotone… Da Isola... Cutro… Capito?». Ed il suo interlocutore: «Sei andato a trovare quegli amici?». E Scozzafava: «Eh sì… Sì… Mille voti gli ho raccolti là…». Chi sono “quegli amici”?

Con il coindagato Pasquale De Sole, nella stessa giornata, fa invece la conta dei voti per Tallini nei vari centri del Crotonese: Scandale, Mesoraca, Isola… Anzi, ad Isola bisognava «non esagerare». E a chi si sarebbe rivolto De Sole per Isola Capo Rizzuto? Domanda Scozzafava: «A Pasquale?». La risposta: «Lo dice ad un paio di persone… Sono troppe». Poi una risata. Per gli inquirenti l’allusione è rivolta ad «Arena Pasquale», pezzo da novanta dell’omonima famiglia.

Il futuro di Tallini, due interrogativi

Solo millanterie quelle del «grande elettore» di Tallini? Un quadro indiziario non aderente alla realtà quello che grava sul potente politico catanzarese? L’ex presidente del consiglio regionale ribadisce la sua estraneità a contesti mafiosi e la sua buona fede nel perorare la causa del Consorzio Farma Italia, fallito dopo neppure tre anni di attività, così come la Farmaeko srl. Imprese nelle quali coinvolse anche il figlio, che ci rimise pure soldi. Fondamentalmente, la sua posizione, in questa ennesima vicenda giudiziaria che travolge la Regione, ruota tutta attorno a questi interrogativi: poteva non conoscere la rete relazionale del suo sponsor elettorale Domenico Scozzafava? Poteva non sapere che dietro il Consorzio Farma Italia c’erano i Grande Aracri?