Domenico Scozzafava e la genesi del consorzio Farmaeko al centro dell’inchiesta del pool di Gratteri. Una storia di mafia, malapolitica e imprese parassitarie. «Quando lo chiamiamo, lo vedi subito, tac… a disposizione»
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Un uomo dalla «smisurata ambizione». Tecnico antennista e ammanigliato alla politica, sarà lui a mettere nei guai Domenico Tallini, divenuto a sua volta - copyright Nicola Gratteri - «la cerniera tra i clan e la pubblica amministrazione». Si chiama Domenico Scozzafava ed è il proprietario di una palazzina a Sellia Marina.
È la località turistico-balneare nella quale una professionista calabrese residente a Roma, l’architetto Anna Maria Mancuso (non indagata), decide di trascorrervi parte dell’estate 2013. Assieme alla donna c’è il marito, Michele Paolo Galli (anch’egli estraneo ad ogni accusa) e c’è quello che gli inquirenti definiscono come il «factotum», ovvero Walter Manfredi (non indagato).
Tra i tre romani e Scozzafava si crea un’amicizia e si parla anche d’affari. Perché Anna Maria Mancuso intende realizzare una serie di progetti attingendo ai fondi europei: una casa di cura, un albergo, una sala congressi e, infine, un consorzio per la distribuzione di farmaci.
Scozzafava, dal canto suo, si rende disponibile ad introdurre i “romani” nella «Calabria che conta», ovvero quella che si muove tra la malavita organizzata e la «politica - scrive il gip distrettuale Giulio De Gregorio - dedita alla spregiudicata ricerca di consensi», coinvolgendo gli «ambienti di una imprenditoria parassita». Ma Anna Mancuso e Paolo Galli, dicendosi «delusi» dalla piega che aveva preso quel rapporto, usciranno presto di scena e non vorranno più avervi nulla a che fare.
Vi resterà Manfredi e vi entreranno, invece, altre due figure: il commercialista romano Raffaele Sisca e Paolo De Sole, professionista crotonese operante nel settore, appunto farmaceutico. Scozzafava è il «trait-d’union», secondo l’inchiesta Farmabusiness, tra i mondi comunicanti di mafia, pubblica amministrazione ed economia, ed il suo riferimento politico, che sarà subito coinvolto nelle logiche affaristiche del gruppo, è Domenico Tallini, allora assessore regionale con delega al Personale.
L’uomo giusto, il potente politico catanzarese di Forza Italia, per risolvere «i problemi delle lentezze burocratiche» e far «ottenere le autorizzazioni necessarie» ad avviare il consorzio farmaceutico. È «l’ambizione smisurata» - sostengono gli inquirenti - a spingere Scozzafava, che di Tallini è un «grande elettorale», alla corte dei Grande Aracri, gigante della ‘ndrangheta crotonese che nel superboss ergastolano Nicolino “Mano di Gomma” ha il suo perno storico.
E sarà proprio a Crotone - non esita ad evidenziare il gip De Gregorio nell’ordinanza Farmabusiness - che alle elezioni del 2014 Tallini «realizzerà il suo successo elettorale».
Scozzafava, in pratica, “ruba” l’idea all’architetto Mancuso e la veicola ai Grande Aracri, che finiranno con il finanziare il progetto. Tallini, per loro, sarebbe stato l’uomo giusto al posto giusto.
«Ha un bando grosso di 16 milioni - dice intercettato il “grande elettore” del futuro presidente del consiglio regionale - che vuole farlo qua… Che ci sono certi amici…».
L’antennista col vezzo della politica stringe anche rapporti anche con i riferimenti del locale ‘ndranghetista di Cutro a Catanzaro, ovvero con Pierino Mellea, capo del gruppo dei Gaglianesi, e con Pancrazio Opipari, «altro personaggio di indubbio spessore criminale», il quale verrà anche assunto come magazziniere nel neonato consorzio per la distribuzione dei farmaci, fresco di autorizzazione non solo per la distribuzione di farmaci da banco ma anche per lo smistamento all’ingrosso di sostanze psicotrope.
Tutto questo - rilevano gli investigatori coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm Paolo Sirleo e Domenico Guarascio - grazie «all’intervento di Domenico Tallini». «Alla fine lo vedi qua lui (con riferimento a Tallini) come ci rispetta senza che andiamo, eh quando lo chiamiamo, lo vedi subito, tac… a disposizione», diceva sempre Scozzafava.