Il politico catanzarese il cui nome spunta nelle carte dell’inchiesta che è già costata l’arresto a Tallini, ribatte piccato a un nostro recente articolo. La controreplica del direttore
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In relazione al nostro articolo Farmabusiness, “l’antennista” faccendiere cercava voti per Tallini e il suo rivale Costanzo, dal consigliere comunale di Catanzaro Sergio Costanzo riceviamo la seguente replica:
«Che dispiacere constatare che neanche nel giornalismo si sia riuscita a creare una classe dirigente che possa leggere e scrivere con senso critico. Laddove l’iscritta all’ordine abbia pensato di fare uno scoop, facendosi eterodirigere, deve prendere atto di aver mancato di rispetto ai suoi lettori pubblicando la metà di ciò che ha letto e offrendone una interpretazione distorta. L’intercettazione che lei pubblica, di cui sarà venuta in possesso più tardi rispetto ad altri giornalisti che da giorni dimostrano di avere le carte, ma anche di saperle leggere, girava già da giorni su tutta la messaggeria WA di catanzaro , ma nessuno l’ha ritenuta rilevante perché è chiaro che non solo Domenico scozzafava al sottoscritto risponde di sostenere un altro candidato ma, nelle successive intercettazioni con altri suoi amici e parenti ribadisce il concetto. Chiedere voti in campagna elettorale non costituisce reato. Detto ciò, mi spiace davvero che ora a pagare le conseguenze di una tale leggerezza debba essere una giovane iscritta all’ordine, spero solo che chi l’ha mai consigliata sia così coraggioso da assumersi l’onere delle spese legali connesse alle azioni che intraprenderò».
Risponde il direttore Pasquale Motta
Sorvolando sulla sintassi e sulla grammatica della replica del consigliere comunale (che abbiamo lasciato volutamente intonse per non alterare lo spessore del suo messaggio), prendiamo atto che con le sue parole conferma la ricerca di consenso elettorale un tanto al chilo come al mercato. E per farlo non si fa scrupolo di ricorrere all’aiuto di personaggi non certo specchiati che ora sono chiamati dalla magistratura a spiegare i loro traffici e le loro presunte aderenze alla criminalità organizzata. È per questo motivo, e non certo per colpa dei giornalisti che ne danno conto, che il consigliere Costanzo si ritrova oggi, suo malgrado, nelle carte di un’inchiesta che è già costata gli arresti al presidente del Consiglio regionale.
Che poi il fatto di cercare voti non costituisca reato, come ci tiene a precisare e come d’altronde è specificato anche nell’articolo che mette all’indice (dove, è bene ricordarlo, viene riportata l’intercettazione integrale), non sposta di un millimetro il nocciolo della questione. Saremo ben lieti di ritrovarci in tribunale con lui a ribadire questi concetti e ricordargli che la libertà di stampa è il caposaldo di ogni Paese davvero democratico, checché ne pensi e dica il “potente” di turno colto in fallo. E ci ritroveremo in tribunale anche quando dovrà affrontare la nostra querela e giustificare le insinuazioni che ledono la dignità professionale di una collega, lei sì, specchiata e inattaccabile dal punto di vista deontologico. Perché, caro consigliere, anche la politica ha una sua deontologia, ma probabilmente lei era al mercato in cerca di voti quando l’insegnavano.