Nomi di stagisti e tirocinanti imposti dal presidente della Sacal Massimo Colosimo, consapevolezza da parte degli indagati dei reati che si stavano commettendo, tentativi di “agganciare” qualcuno capace di dare informazioni dopo una prima richiesta di acquisizione di atti da parte della Guardia di finanza. C’è di tutto e di più nell’inchiesta che ha travolto i vertici della Sacal, spese comprese.

 

Le presunte imposizioni del presidente. A spulciare fra gli atti dell’inchiesta si scopre così che il presidente Massimo Colosimo, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe “imposto direttamente i nomi degli stagisti Carmen Grillo, Antonella Lopreiato di Stefanaconi, Giovanni Masi, Albino Mastroianni e Piera Tolomeo". In relazione a quest’ultima assunzione, secondo la Guardia di finanza di Lamezia Terme ed i magistrati, la “raccomandazione” a Colosimo sarebbe arrivata dal padre della ragazza, Vitaliano Tolomeo “amico del presidente della Sacal”. Lo stesso Vitaliano Tolomeo che nelle telefonate intercettate ed agli atti dell’inchiesta non si sarebbe risparmiato per ringraziare Colosimo “anche da parte della figlia Piera, raccontando a Colosimo di aver saputo dalla stessa figlia – scrivono i magistrati - che pur avendolo incontrato alla Sacal ha fatto finta di non conoscerlo per non metterlo in difficoltà”.

 

Le “scuse” per i mancati saluti.  “A seguito dell’avviamento al tirocinio, avvenuto il 20 luglio 2015, Piera Tolomeo si recava nell’ufficio di Colosimo ringraziandolo – evidenziano i magistrati - per tutto ciò che aveva fatto per lei, riferendosi ovviamente al fatto che questi aveva commesso degli evidenti illeciti per consentire alla prima di accedere al Pon di formazione. Nella circostanza Colosimo si scusava per il fatto che il giorno precedente aveva fatto finta di non conoscerla”.

 

Le “pressioni” per i raccomandati. Gli inquirenti in queste ore sono del resto impegnati per identificare un funzionario della Regione Calabria che avrebbe esercitato “pressioni” sulla direttrice del Centro per l’Impiego di Lamezia Terme Angela Astorino (pure lei indagata) al fine di imporre una serie di nomi di giovavani nel tirocinio “Garanzia Giovani” della Sacal. Un funzionario che Pierluigi Macuso, direttore generale della Sacal, afferma nelle intercettazioni con Sabrina Mileto (anche lei indagata) di “immaginare chi sia”, con la donna che di rimando segnalava al suo interlocutore di aver riferito il tutto al presidente Massimo Colosimo il quale ne sarebbe stato  così “al corrente”. Fra le persone per le quali Pierluigi Mancuso avrebbe dato il proprio “benestare” per essere inseriti nel tirocinio della Sacal, gli inquirenti evidenziano quelli di Mariangela Giuliano, 30 anni di Lamezia Terme e quello di Patrizia Lamanna, 30 anni, di Catanzaro, indicata negli atti e nelle carte sequestrate alla Sacal come “nipote di Giuseppe Mancini, direttore di Garanzia Giovani”. Altri nominativi elencati da Sabrina Mileto nelle intercettazioni non avrebbero invece incontrato il “gradimento” di Mancuso (Francesco Gigliotti, Francesco Chirico, Paolo Saladino, Emanuele Tedesco e Giuseppe Raco).

 

Inquinamento probatorio.  A seguito delle prime richieste della Guardia di Finanza alla Sacal, ad avviso degli inquirenti sarebbe stato messo in moto un inquinamento probatorio finalizzato a predisporre “comunicazioni di comodo”, essendo ben consapevoli i vertici della Sacal “delle irregolarità e dei sistemi palesemente fraudolenti al fine di garantire l’avvio al tirocinio solo delle persone che erano già state prescelte e designate in base alle influenze illecite esercitate da amici e politici”. Di ciò sarebbe stata ben consapevoole Ester Michienzi (responsabile dell’Area legale della Sacal) che si sarebbe preoccupata affinchè Sabrina Mileto (responsabile dell’Area Personale della Sacal) non “crollasse” dinanzi alla Guardia di finanza cantando tutto e mettendo tutti nei guai più di quanto le indagini avessero sino a quel momento svelato.

In tale direzione, Ester Michienzi ad avviso degli inquirenti, si sarebbe quindi adoperata per avere anche un “gancio” capace di fornire informazioni dall’interno degli ambienti investigativi individuato nel maresciallo dei carabinieri Marcello Mendicino (pure lui indagato) al quale avrebbe chiesto di “interessarsi alla vicenda per ottenere informazioni sulle indagini della Guardia di finanza”.

 

Le spese “pazze” in albergo. Il presidente della Sacal, Massimo Colosimo e la responsabile degli affari legali della setssa società, Ester Michienzi, il 18 giugno del 2015 sono invece partiti da Lamezia terme per recarsi a Milano Linate facendo rientro il giorno seguente. Tutte le spese di viaggio e di pernottamento sono state sostenute dalla Sacal, ma la trasferta per gli inquirenti “non era affatto giustificata da ragioni aziendali, bensì da motivi prettamente personali ovvero per trascorrere insieme una serata” e da qui l’accusa di peculato per i due indagati. Spese particolarmente elevate quelle della trasferta a Milano, avendo i due indagati soggiornato all’hotel Bulgari, nonché noleggiato una limousine per lo spostamento a Torino effettuato il giorno successivo.

Tali condotte, ad avviso del gip sarebbero state poste in essere “con l’assenso tacito del direttore generale della Sacal Pierluigi Mancuso il quale, pur a conoscenza dell’utilizzo di risorse aziendali pubbliche per scopi estranei a quelli della società, non faceva nulla per impedirlo”.

 

Le trasferte di Colosimo e Mancuso.  A Massimo Colosimo e Pierluigi Mancuso si contesta poi di aver fruito fra il 2014 ed il 2015 di alcuni corsi tenutisi all’Università Bocconi di Milano con spese sostenute ed “interamente rimborsate dalla Sacal”. Il gip in questo caso contesta l’ammontare delle spese in questione in quanto “appare eccessivo, non giustificato e non autorizzato dalla stessa società”. Nonostante, infatti, l’Università avesse offerto per i partecipanti ai corsi anche l’ospitalità alberghiera a tariffe e condizioni di particolare favore in hotel a quattro stelle per un costo minimo di 117 euro ed un massimo di 179 euro a notte, Mancuso e Colosimo avrebbero invece preferito pernottare all’hotel Bulgari e nell’hotel Armani per una spesa complessiva di oltre 8mila euro. Complessivamente le spese sostenute da Colosimo e da Mancuso per i corsi periferici ammontano – secondo i calcoli della Guardia di finanza – ad oltre 22mila euro (22.619,35 euro per la precisione) di cui 9.809,35 euro per viaggi e soggiorno a Milano. Decisamente troppo per i magistrati che continuano a “spulciare” fra la vasta mole di atti e documenti sequestrati ed ancora al vaglio degli investigatori.

 

Giuseppe Baglivo