Sono pronti alla mobilitazione, sono i circa 6.500 laureati in Psicologia, ma anche Farmacia e Biologia, candidati all’imminente esame di Stato per l’abilitazione alla professione. Un esame che solitamente prevede due sessioni l’anno, una a giugno ed una a novembre, con 4 prove distribuite nell’arco di diversi mesi, ma che ora è stato profondamente modificato per effetto dell’emergenza coronavirus.

 

I candidati dovranno infatti sostenere un’unica prova orale nel mese di luglio, da svolgersi in modalità telematica, omnicomprensiva di tutte le materie previste dall’esame di Stato canonico. Una soluzione non condivisa dai diretti interessati che giovedì 4 giugno scenderanno in piazza Montecitorio, e nei giorni successivi in diverse città italiane tra cui Reggio Calabria, nel rispetto delle norme per il contenimento del contagio da Covid-19, per chiedere l’abolizione dell’esame di stato e quindi il riconoscimento  del tirocinio professionalizzante così come avvenuto per i laureati in medicina.

 

«Stiamo chiedendo dei chiarimenti sia per quanto riguarda gli aspetti organizzativi dell’esame sia per quanto riguarda le discriminazioni tra professioni sanitarie di serie A e di serie B – spiega il portavoce Davide Pirrone –. In quanto per altre professioni sanitarie, quali quella medica o quella infermieristica, l’esame di stato è stato tramutato in una valutazione del tirocinio professionalizzante che anche noi come psicologi svogliamo nel corso di un anno».

 

Sono circa 200 i dottori in psicologia calabresi anche se «purtroppo in Calabria non ci sono sedi universitarie con facoltà di psicologia – ricorda il giovane aspirante psicologo –. Quindi gli studenti calabresi si muovono tendenzialmente nelle vicine regioni quali la Sicilia o la Campania».

Le tappe

Ma come sono andati i fatti? Secondo la ricostruzione dei neo laureati, «il 25 marzo scorso il Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu), massima espressione della rappresentanza studentesca universitaria e organo politico e ministeriale, redige un documento nel quale si richiede al ministero dell’Università e della Ricerca di legiferare in merito agli esami di abilitazione alla professione.

 

Tale documento riporta la volontà e la necessità di una reale semplificazione di tali esami in quanto a meno di 2 mesi dal loro inizio non sono state date disposizioni in merito agli stessi da parte del ministero. L’8 aprile 2020 viene approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto “Decreto Scuola” (n. 22/2020). In quest’ultimo si fa riferimento, per la prima volta, dopo più di un mese dall’inizio dell’emergenza sanitaria, ai nostri esami di abilitazione».

 

«Nello specifico, all’articolo 6, si fa riferimento alla possibilità, da parte del ministero dell’Università e della Ricerca, d’individuare modalità di svolgimento alternative a quello finora vigente, comprese le modalità a distanza, in remoto. Il 24 aprile viene approvato e pubblicato in Gazzetta ufficiale il Dm n. 38/2020. Con quest’ultimo il ministro Manfredi fa differire i termini della prima sessione degli esami di Stato, dal 16 giugno al 16 luglio. Il 29 aprile viene approvato e pubblicato in Gazzetta ufficiale il Dm n. 57/2020. In quest’ultimo il ministro Manfredi, in deroga alle disposizioni normative vigenti, convoglia l’esame di stato di abilitazione all’esercizio delle nostre professioni – per la prima sessione dell’anno 2020 – in un’unica prova orale, da svolgersi in modalità a distanza, omnicomprensiva di tutte le materie previste dall’esame di stato canonico».

 

E ancora: «Nel prendere tale decisione Manfredi consulta gli Ordini professionali per chiedere il loro parere: questi ultimi accordano il proprio consenso come riportato nella sezione iniziale dello stesso Dm. Gli ordini dunque esprimono tale parere senza considerare le richieste che abbiamo sottoposto alla loro attenzione ignorandoci così per oltre 2 mesi. Allo stesso modo vengono deliberatamente ignorate anche le rappresentanze studentesche nella figura dell’organo ministeriale Cnsu che avevano provato a comunicare con il ministro».

L'esame online

«Le università nel frattempo pubblicano bandi nei quali viene specificato che, nel caso in cui saltassero le connessioni internet durante il colloquio dell’esame, spetterà alle commissioni esaminatrici decidere per un’eventuale bocciatura – aggiungono –: in tal caso, la tassa di iscrizione non verrà rimborsata. Abbiamo più e più volte cercato un dialogo per dimostrare che le barriere tecnologiche purtroppo esistono e che spesso creano disuguaglianze nel nostro Paese: anche in questo caso siamo stati ignorati. È impensabile che non vi saranno disuguaglianze tra i candidati che sosterranno l’esame nella prima settimana, e coloro che invece si vedranno esaminati settimane dopo. Precisiamo che il colloquio telematico, con funzione di esame di Stato, verrebbe a costare, in diverse sedi universitarie, oltre 400 euro per candidato, peraltro in un momento di totale crisi economica».

«Ignorati dalla politica»

Dunque gli aspiranti psicologi si sentono «presi in giro dalle istituzioni, non tutelati:  in questi mesi abbiamo provato a dialogare con le istituzioni  tra cui il ministero, le università competenti, l’ordine professionale ma non ci hanno dato alcuna risposta. E oggi, a neanche un mese e mezzo dall’inizio della prova, siamo in questa situazione di totale incertezza. Ciò che chiediamo è di non discriminare le professioni sanitarie: non siamo figli di un Dio minore – conclude Davide a nome di tutti i laureati in psicologia –. È questo lo slogan che mi sento di portare nelle piazze dove andremo a manifestare».