La Corte d'Appello riduce l'ennesima condanna per il "re delle truffe", Stefano Ramunni e per il suo co-imputato Giovanni Chiaramonte. I giudici hanno accolto il ricorso dell'avvocato Fabio Tuscano (in foto) del Foro di Reggio Calabria. Entrambi con diversi processi a proprio carico in tutta Italia, fra cui anche Reggio Calabria. Del caso se ne era occupato il programma delle Iene. 

 

Dopo le condanne emesse dal Tribunale di Genova con pene pari a cinque anni per il Ramunni e quattro anni per il Chiaramonte, sono state ridotte le condanne ed ottenuta l’assoluzione per il solo Chiaramonte per tre capi di imputazione. Ramunni, indicato come “il re delle truffe”, ha avuto processi in diversi tribunali d’Italia, fra cui anche Reggio Calabria. La Corte d’appello di Genova, dopo il giudizio di primo grado svoltosi nelle forme del rito abbreviato, ha ridotto la condanna applicando per Ramunni la pena di 4 anni di reclusione, mentre per Giovanni Chiaramonte la Corte lo ha assolto da ben tre capi di imputazione (reato di truffa e fabbricazione di documenti falsi) e ridotta la pena per la sostituzione di persona ad anni due e mesi undici di reclusione. È stato accolto, dunque, l’appello dell’avvocato Tuscano che aveva invocato per i due imputati la riforma della sentenza di primo grado ed una mitigazione del trattamento sanzionatorio.

La vicenda del "re delle truffe"

La vicenda dei due ha trovato l’interessamento ed il seguito costante del programma Le Iene in onda su Italia1 che appresa la scarcerazione dal carcere di Treviso con il suo inviato Golia si precipitò immediatamente alla ricerca dei due prima presso la città di Padova e poi infine a Genova ove venivano nuovamente arrestati per non aver osservato il provvedimento del Gip di Treviso che aveva disposto per loro l’obbligo di dimora nel Comune di Milano. L’arresto a Treviso risale allo scorso mese di gennaio allorquando una macchina dei carabinieri di Vedelago insospettita da un'auto con due uomini a bordo e con lampeggiante blu di quelli in dotazione alle forze dell’ordine intimò l’alt. I due passeggeri in abiti molto eleganti qualificatesi come funzionari dello Stato del Vaticano con tanto di tesserino si opponevano decisamente al fermo dicendo ai militari di essere dotati di immunità diplomatica e che non poteva essere fatto nulla contro di loro e di lasciarli andare via. Dai controlli effettuati in caserma all’autovettura venne fuori invece una realtà bene diversa con i due che non erano funzionari della città del Vaticano e nel vano venne trovato un vero e proprio arsenale di documenti contraffatti, di carte di credito intestate ad altri soggetti, di attrezzature per formare documenti. I due venivano quindi associati alla casa circondariale S. Bona di Treviso. Scarcerati raggiungevano la città di Genova ove venivano nuovamente arrestati e associati alla casa circondariale di Genova in attesa del giudizio abbreviato su richiesta di immediato avanzata dalla Procura trevigiana. Venivano raggiunti da ulteriore processo portato avanti dalla Procura di Genova e conclusosi con la sentenza emessa dalla Corte d’appello genovese e per il solo Ramunni anche presso la Procura di Trento.