La polveriera è pronta ad esplodere sebbene non sia del tutto chiaro chi, tra gli enti coinvolti, resterà colpito dal fuoco di una procedura amministrativa nata male e gestita ancora peggio. Per ora il cerino continua a girare di mano in mano in attesa di una presa di posizione da parte della Cittadella che non appare però intenzionata a metter mano ad una vicenda su cui la guardia di finanza ha iniziato ad indagare da mesi.

 

Le indennità fuori contratto 

Gli emolumenti erogati al personale in servizio all'elisoccorso regionale - ma soprattutto l'arretrato accumulato dal 2000 ad oggi mai disciplinato attraverso una contrattazione e di difficile quantificazione - rappresenta una patata bollente di cui la Regione non sembra intenzionata a farsi carico. Almeno è questo il messaggio implicito al lungo silenzio riservato agli svariati tentativi di investirla del problema che oggi coinvolge un "pool" di trenta medici e trenta infermieri dipendenti delle aziende sanitarie e ospedaliere regionali ma impiegati da anni nello svolgimento del servizio dell'elisoccorso di stretta competenza della Regione Calabria.

 

Chiarimenti inevasi

La prima azienda a chiedere ripetuti chiarimenti alla struttura commissariale è l'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, se non altro perchè è proprio all'ente sciolto per infiltrazioni mafiose che la Guardia di Finanza ha bussato per acquisire incartamenti e fascicoli che riguardano l'erogazione delle spettanze. L'ultimo sollecito risale all'aprile scorso e porta la firma della terna commissariale. All'oggetto della missiva si legge: «Servizio elisoccorso sollecito riscontro» e nel corpo del testo: «Viste le numerose diffide pervenute da parte dei legali del personale dipendente impiegato nelle attività di elisoccorso, si sollecita un riscontro urgente finalizzato alla risoluzione della problematica già segnalata». Missiva, tuttavia, rimasta ancora oggi senza riscontro. 

 

Interruzione di pubblico servizio

L'azienda sanitaria provinciale che, in via del tutto cautelativa, ha sospeso l'erogazione delle spettanze da mesi ai propri dipendenti si trova però in buona compagnia. Il Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria ha adottato la stessa linea e l'ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro non è rimasto indietro. Recente è la delibera con cui l'azienda catanzarese va allo scontro con la Regione aprendo la strada ad una interruzione del pubblico servizio, già peraltro minacciato dai dipendenti che non ricevono più le spettanze da mesi. L'azienda, nel tentativo di cautelarsi da un possibile danno erariale, lancia il guanto di sfida alla Cittadella spingendola ad uscire allo scoperto. Nella delibera approvata propone di «subordinare la prosecuzione delle attività di elisoccorso alle pregresse e dovute rimesse regionali». Una espressione che al di là di ogni possibile interpretazione chiama la Regione all'assunzione di una responsabilità amministrativa ma soprattutto finanziaria. 

 

Chi paga il pregresso?

Le aziende sanitarie e ospedaliere non solo attendono la "rimessa" delle somme erogate dal 2001 ad oggi ai propri dipendenti sulla scorta di un decreto regionale datato 2000 ma anche di ricevere indicazioni dalla Regione sulle modalità di imputazione delle somme nei bilanci aziendali. È sempre l'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro a chiedere chiarimenti alla struttura commissariale. Lo scorso aprile considera «che ad oggi non si ha contezza di come e se, le somme destinate al personale dipendente impiegato nel servizio di elisoccorso, giungano alle casse di questa azienda». Un dettaglio di non poco conto che di certo potrà fare la differenza sul piano di responsabilità penale e contabile.

 

Fioccano le diffide

Alla finestra resta, intanto, il "pool" di medici e infermieri che dopo il blocco dell'erogazione delle spettanze, attende le ultime determinazioni dell'Asp catanzarese. Tra domani e dopodomani l'ente sciolto per infiltrazioni mafiose dovrà deliberare sulla scottante materia e solo allora sarà chiaro se lo scontro con la Regione sarà totale o resteranno ancora margini per trattative diplomatiche. Quel che è certo è che i dipendenti non sembrano intenzionati a rimanere con il cerino in mano e già annunciano azioni legali nei confronti delle rispettive aziende di appartenenza.