Per il duplice omicidio di Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio, uccisi a colpi di arma da fuoco all’interno di un bar di Decollatura,  il 19 gennaio del 2013, la Corte di assise appello del Capoluogo dopo tre ore di camera di consiglio ha sentenziato due ergastoli. I giudici del collegio presieduto da Palma Talerico ha accolto la richiesta del  sostituto procuratore generale Sandro Dolce confermando il verdetto di primo grado a carico di Domenico e Giovanni Mezzatesta, padre e figlio, di 60 e 41 anni, condannati all’ergastolo il 28 febbraio del 2014, dal giudice dell’udienza preliminare di Lamezia Terme, Carlo Fontanazza, che accolse  la richiesta del pubblico ministero, Domenico Galletta, disponendo inoltre il risarcimento ai familiari delle vittime, costituitisi parti civili con gli avvocati Lucio Canzoniere, Renzo Andricciola, Paolo Gallo e Armando Veneto, con il sequestro conservativo di tutti i beni dei Mezzatesta. Iannazzo e Vescio, secondo quanto  ricostruito dagli inquirenti, che si avvalsero anche del filmato registrato dalle telecamere dell’impianto di videosorveglianza dove venne compiuto il duplice delitto, furono trucidati mentre si trovavano all’interno di un bar di Decollatura, a pochi passi dalla piazza centrale del paese, raggiunti da almeno sette colpi di pistola sparati da assassini a volto scoperto che agirono davanti a testimoni. La posizione di Giovanni e Domenico Mezzatesta finì subito all’attenzione degli investigatori: la loro presenza sul luogo era stata accertata sia da alcune deposizioni raccolte dai carabinieri della Compagnia di Soveria Mannelli e dalle  immagini delle telecamere sequestrate dai militari e visionate nell’immediatezza dei fatti. Immagini che avevano immortalato i due uomini  entrare e fare fuoco sulle loro vittime sotto gli occhi del barista. Uno dei due assassini, dopo avere fatto fuoco, aveva anche preso a calci la sua vittima.  Solo il 14 ottobre seguente, però, il vigile urbano in pensione Domenico Mezzatesta, latitante fino a quel giorno, decise di consegnarsi ai carabinieri accompagnato dal suo legale, l’avvocato Francesco Pagliuso, e fu condotto nel carcere di Siano-Catanzaro.


Gabriella Passariello