«Vado a posare il fucile e torno», avrebbe risposto il presunto assassino al figlio delle vittime che chiedeva aiuto. Magistrati e carabinieri raccontano l’indagine da manuale che ha consentito di chiudere il caso in poche settimane (ASCOLTA L'AUDIO)
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Ci sono motivi legati a questioni di confine tra i fondi vicini alla base dell’efferato delitto costato la vita ai coniugi Giuseppe Cotroneo e Francesca Musolino, uccisi nel loro terreno nella frazione di Milanesi di Calanna il 9 dicembre scorso. A confermarlo è il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, il quale spiega come il delitto sia avvenuto per un movente «che risulta meno appariscente e che rende più difficili le investigazioni. Non era semplice comprendere dove potesse collocarsi un’azione così efferata e grave».
Il procuratore racconta di un delitto avvenuto «proprio mentre il figlio della coppia si era allontanato, in quanto non era lui l’obiettivo dell’omicida». A finire in manette è un cugino delle vittime, Francesco Barillà. A dare la certezza della sua colpevolezza ai carabinieri del comando provinciale e della Compagnia di Villa San Giovanni è l’indagine tecnica eseguita sul fucile ritrovato in casa del presunto omicida. «La perfetta corrispondenza fra i bossoli ritrovati sul luogo del delitto ed il fucile – ha spiegato il procuratore – ci ha consentito di dimostrare la responsabilità». Ma non solo. Nell’inchiesta entrano anche le testimonianze del figlio della vittima il quale incontrò l’omicida nei momenti successivi al fatto e, alla richiesta di aiuto, si sentì rispondere: «Vado a posare il fucile e torno». Ciò ha insospettito parecchio il giovane.
I successivi sopralluoghi, come confermato dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni, hanno consentito di raccogliere elementi utili a cristallizzare le responsabilità di Barillà. «La vicenda riguarda rapporti di vicinato, di parentele, rancori pregressi che, mano a mano, hanno trovato sfogo in una vicenda banale come può essere quella della raccolta delle olive da parte delle vittime, in un terreno confinante con quello dell’omicida».
Proprio sui dissapori antichi si concentra l’attenzione di Dominijanni: «Non abbiamo prove di litigi particolarmente cruenti in passato. C’è stata l’acquisizione per usucapione di un terreno, ma si tratta di fatti risalenti nel tempo. L’elemento scatenante va ricercato nella raccolta delle olive e nel possibile sconfinamento».
Le indagini dei carabinieri del comando provinciale, retto dal colonnello Marco Guerrini, sono state veloci e particolarmente efficaci, anche perché corroborate, oltre che dalla conoscenza del territorio dei militari della Compagnia di Villa San Giovanni, anche dal lavoro svolto dal Racis di Roma e dal Ris di Messina. Un aspetto rimarcato dal colonnello Massimiliano Galasso, comandante del reparto operativo dell’Arma reggina, il quale ha posto l’accento sulla coralità del lavoro effettuato dai carabinieri. Aspetto confermato dal capitano Settimio, al comando della Compagnia di Villa San Giovanni, il quale ha ricordato l’importanza dei presidi territoriali più piccoli che servono da presidio ultimo di legalità.