L'Antimafia di Reggio Calabria ha presentato appello contro la decisione del gip che non aveva emesso la misura cautelare nei confronti dei due politici. I legali di don Foderaro: «Perplessità su come la Procura ha diffuso informazioni, agiremo per vie legali e informeremo il ministro Nordio»
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La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha presentato appello al Tribunale della libertà contro la decisione del Gip che nell'ambito dell'inchiesta “Ducale” non aveva emesso la misura cautelare nei confronti del consigliere regionale di Fratelli d'Italia Giuseppe Neri e del consigliere comunale del Pd Giuseppe Sera, chiedendo la detenzione in carcere per entrambi. Tutti e due sono indagati per scambio elettorale politico-mafioso in relazione alle elezioni regionali del 2020 e 2021 e quelle comunali del 2020. L'udienza dovrebbe svolgersi a settembre, anche se ancora non è stata fissata una data.
Firmato dal procuratore Giovanni Bombardieri, dagli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e dal pm Salvatore Rossello, l'appello della Dda riguarda anche altri indagati come Daniel Barillà, finito prima ai domiciliari e poi all'obbligo di firma.
In particolare, la Procura chiede di nuovo il suo arresto in carcere perché lo ritiene partecipe della cosca Araniti di Sambatello e per il riconoscimento dell'aggravante mafiosa nei reati di minacce ai danni e di scambio elettorale a favore del consigliere regionale Neri e del consigliere comunale Sera.
Secondo la Dda, Daniel Barillà avrebbe mantenuto «i rapporti - si legge nel capo di imputazione - con i rappresentanti delle istituzioni e della politica». Inoltre, «raccoglieva voti in occasione delle consultazioni elettorali in favore dei candidati sostenuti dal sodalizio».
Per lo scambio elettorale politico-mafioso è stata chiesta la misura cautelare anche per il presunto boss Domenico Araniti, già detenuto per associazione mafiosa.
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L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata chiesta per gli indagati Ignazio Borruto, Paolo Pietro Catalano, Franco Gattuso, Sergio Rugolino. Nei confronti, infine, della scrutatrice Martina Giustra, accusata di brogli al seggio elettorale di Sambatello, la Procura chiede al Riesame di riconoscere l'aggravante mafiosa.
Il sacerdote indagato si autosospende
Nel frattempo il sacerdote Antonio Foderaro ha deciso di autosospendersi da ogni incarico da lui ricoperto dopo aver appreso di essere indagato dalla Dda di Reggio Calabria nell'inchiesta Ducale per scambio elettorale politico mafioso a causa dei suoi rapporti con Daniel Barillà, il genero del presunto boss Domenico Araniti, finito prima ai domiciliari e poi all'obbligo di firma.
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Nell'ambito della diocesi Reggio-Bova, Foderaro è l'incaricato diocesano per l'informatica e direttore dell'Istituto superiore di Scienze religiose. Inoltre, lo scorso settembre è stato nominato «decano della Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale» di Napoli.
Attraverso una nota dei suoi difensori, gli avvocati Aurelio e Steve Chizzoniti, don Foderaro «respinge con decisione le contestazioni a lui rivolte tramite la stampa».
«Profondamente turbato e sorpreso da questa vicenda – si legge nel comunicato dei legali – il sacerdote Foderaro ha deciso di autosospendersi da ogni incarico da lui ricoperto. Egli esprime perplessità riguardo il modo in cui la Procura ha gestito la comunicazione dell'indagine, ritenendo che l'informazione resa a mezzo stampa, prima di una formale notifica, rappresenti una deviazione dalle normali procedure giudiziarie. Il professore Foderaro sottolinea l'importanza di procedere nel rispetto delle norme e ha pertanto deciso di adire le vie legali, ricorrendo alla Procura di Catanzaro per individuare eventuali responsabilità nella diffusione delle informazioni apparse sui media nazionali. I suoi difensori, inoltre, annunciano anche la redazione di una dettagliata relazione da presentare al ministro della Giustizia Carlo Nordio, per sollecitare un tempestivo intervento ispettivo volto ad identificare il o i responsabili di quanto accaduto».